sabato 30 ottobre 2010

Milan-Juventus 1-2

Nel calcio nulla è scontato. Quanti di noi hanno pensato a una passeggiata rossonera in una fredda notte milanese? Invece Milan-Juve esalta eroicamente i bianconeri che fanno a pezzi il Milan che non ti aspetti. Che si scioglie con il passare dei minuti, anche se Ibrahimovic illude il popolo rossonero dopo i gol di Quagliarella e Del Piero. Il forfait di Giorgio Chiellini a un passo dalla gara è infatti una mazzata micidiale per una Juve già gravata da assenze pesanti e senza Krasic sulla fascia. Il vuoto lasciato dal difensore complica la vita a Delneri. Il sostituto è Legrottaglie. Al posto del serbo, Delneri schiera invece Martinez che si alterna sulle fasce con Marchisio in un 4-1-4-1 con Del Piero libero di svariare. Allegri, senza Thiago Silva e Ronaldinho, oppone ai bianconeri lo stesso Milan di Napoli. Sokratis in difesa, Robinho dietro le punte e una partenza spettacolare che dopo soli 30 secondi porta Pato a tu per tu con il gol. Un’azione così fluida ed eccitante che obbliga i bianconeri ad alzare il fronte e pressare. Ma sono i rossoneri a impressionare di più. Al 7’ tocca a Ibra far vibrare lo stadio con un piatto destro da fuori area che va a sbattere sull’incrocio dei pali. Al 9’ Storari devia in angolo il tocco sul primo palo dello svedese. Il dominio è evidente, ma al 19’ il vento cambia direzione e la Juve lancia il primo segnale importante. Ibra scatta in contropiede ma si allunga la palla; Motta recupera e serve Del Piero che impegna Abbiati in due tempi sul primo palo. Trovato l’equilibrio la Juve chiude gli spazi e trova addirittura il vantaggio al 23’ al termine di un’azione esemplare. L’assist è di De Ceglie: Quagliarella sovrasta Antonini e in elevazione infila di testa nel sette alla destra di Abbiati. Non è un caso, perché al 29’ Del Piero va via alla sua maniera. Gioco di gambe, finta e rasoterra che Abbiati manda in angolo allungandosi sulla destra. E’ il momento dell’esaltazione. Prendere ad esempio Felipe Melo; prestazione eccellente. E Martinez? Quello che fa Martinez al 30’ è poesia. Serie di dribbling e palla che va a impennarsi e finire tra le braccia del portiere rossonero. Bella Juve, Milan spento. Che perde Bonera al 35’ dopo uno scontro fortuito con De Ceglie. Tocca ad Abate sostituirlo. Identico destino per il bianconero che lascia a Pepe, che si piazza nell'inedito ruolo di terzino. Il Milan è molle come il colpo di testa di Robinho al 42’. Come la difesa che si impappina su un innocuo cross di Del Piero che Abbiati deve allontanare con il pugno. Nel finale del primo tempo i rossoneri si scuotono. Al 48’ Ibra non dà potenza al suo colpo di testa centrale: Storari ringrazia. Subito dopo, invece, Zlatan si libera di Pepe, ma cicca da dilettante da due passi calciando oltre la traversa l’ennesima occasione. Nella Juve tutto funziona alla perfezione. Difesa incerottata ed eroica d’altri tempi e organizzazione di gioco. Felipe Melo è un gigante; al 5’ si immola sul bolide ravvicinato di Ibra destinato in rete. Delneri perde anche l’ottimo Martinez al 9’ (dentro Sissoko), ma la Juve sembra sopportare qualsiasi colpo. Chi non va, invece, è il Milan. Soprattutto dove dovrebbe fare faville. Pato è abulico; Ibra soffre la marcatura e il centrocampo non combina nulla di buono. Roba da mettersi le mani nei capelli. Milan da scudetto? Una squadra creata per vincere deve poter contare su una panchina adeguata e difensori pronti all’uso. Capace di chiudere e far ripartire la manovra. Invece quello che accade al 20’ è sconcertante. Sissoko se ne va come Maradona aiutato dall'errore di Antonini, si impappina davanti ad Abbiati ma riesce a toccare all’indietro a Del Piero che, chapeau capitano, non sbaglia. Inutili gli inserimenti di Seedorf e Inzaghi (fuori Boateng e l’impossibile Pato) e il gol di testa del solito Ibra. Ale chiude magicamente il cerchio su una serata da sballo. La Juve è viva e vegeta. Il Milan sconcertato e rimandato.

lunedì 25 ottobre 2010

Napoli-Milan 1-2

Quando Lavezzi segna il gol che ridà speranza al Napoli, tutto il San Paolo sogna l'impresa di un anno fa, quando in vantaggio per 2-0 al 90', i rossoneri si fecero raggiungere da Cigarini e Denis. L'impresa questa volta non riesce, ma in dieci per l'intera ripresa, gli azzurri sfiorano un'altra clamorosa rimonta, contro un Milan che potrebbe mettere una pietra sopra la partita, ma che deve difenderla con le unghie e i denti fino al 95' i gol di Robinho e Ibra su due assist di Oddo subentrato ad Antonini dopo pochi minuti. Mazzarri, privo dello squalificato Cannavaro, schiera Grava con Aronica in difesa. Pesa l'assenza del capitano, ma sono macigni quelli del Milan. Allegri in emergenza, davanti ad Abbiati dà spazio a Sokratis e Bonera. A centrocampo gioca la carta Boateng alla sinistra di Pirlo e lancia Robinho alle spalle di Ibra e Pato. La scelta del ghanese non è casuale. Con Gattuso è la diga ideale per frenare il Napoli che punta a sfruttare la velocità del suo tridente. E' il solito Napoli molto corto, ma che concede troppo campo al Milan che pressa e comanda il gioco con personalòità. Gli azzurri subiscono e vengono schiacciati nella loro trequarti senza mai riuscire a vedere la porta difesa da Abbiati. I rossoneri sfruttano bene le fasce, ma è proprio sulla sinistra che perdono Antonini dopo uno scontro aereo violento con Maggio. L'esterno milanista cede subito il posto a Oddo che va a occupare il posto di Bonera. Maggio invece lascerà a Yebda solo al 24', centoventi secondi dopo il vantaggio rossonero. A innescarlo è Robinho, bravo a lanciare Oddo, abile a sua volta a restituire poco dentro l'area: il colpo da biliardo del brasiliano è imparabile e si infila alla destra di De Sanctis. La rete rossonera ha il potere di scuotere gli azzurri che cambiano atteggiamento e attaccano con convinzione. La difesa del Milan prova ad arginare. Lavezzi e Cavani ci provano, ma gli errori più grossolani li commettono Yebda, che spreca una palla d'oro dal limite dell'area piccola, e Pazienza, ammonito due volte da Rizzoli per fallo di mano; gesti che gli costano al 46' il cartellino rosso, ma che non impedisce al Napoli, in inferiorità numerica di sfiorare il pareggio con un bellissimo colpo di testa di Lavezzi che Abbiati devia miracolosamente oltre la traversa. Occasione stratosferica ancora una volta concessa con troppa superficialità dai rossoneri che pressati vanno in sofferenza. E' sorprendente l'intensità con cui il Napoli cerca il gol al pronti e via della ripresa. Al 3' Gargano serve Lavezzi che dal limite dell'area piccola sfiora l'incrocio dei pali. L'argentino è incontenibile ed è su di lui che converge tutto il gioco degli azzurri. Il Milan cerca di limitare i danni con il possesso palla e le ripartenze, sfruttando la difesa alta degli azzurri. Gattuso, che aggredisce l'uomo, e Robinho - numeri d'alta scuola, ma anche senso della posizione e sacrificio - rilanciano l'azione, ma Pato proprio non è in serata. Lo è molto di più il Napoli che manca ancora il pareggio. Questa volta con Hamisk che, imbeccato ancora da Gargano, al 16' obbliga Abbiati a una nuova impresa. Il Milan però non sta a guardare e in due contropiede manca il 2-0. Prima con Ibra che carica debolmente il diagonale, poi con Pato che va a sbattere su De Sanctis dopo un'impetuosa cavalcata di Ibrahimovic. E' evidente quanto stia stretto il risultato al Napoli. Così Mazzarri lancia Sosa per Hamsik in debito di ossigeno. Ma l'uomo in meno è una concessione esagerata per una squadra come il MIlan che raddoppia. Oddo, grande rientro, inventa il suo secondo assist della serata. Questa volta per Ibra che infila di testa. Ma ve lo immaginate un Napoli che alza bandiera bianca? Poi con un assatanato come Lavezzi che è pronto a immolarsi tutto è possibile. Il suo gol lo cerca infatti con impeto e classe. Pur accerchiato e marcato, riesce da terra, nell'area piccola, a inventare al 33' una sorta di cucchiaio che si infila sotto la traversa. Pur con Seedorf a dare manforte (fuori Ibra), si dilata ancora una volta l'incapacità del Milan a gestire partita e risultato, ma alla fine contano i tre punti.

domenica 24 ottobre 2010

Emergenza Napoli

A Napoli senza Abate (infortunio dell'ultimo ora), Jankulovski, Thiago Silva, Zambrotta, Ambrosini e Ronaldinho. Se non è emergenza questa...Massimiliano Allegri fa la conta e si ritrova a improvvisare una difesa rasa al suolo dagli infortuni; un po' come accadde a Cesena nella seconda giornata di campionato. Perché oltre ai titolarissimi Thiago Silva e Zambrotta, il tecnico deve fare a meno di Abate e Jankulovski. Senza dimenticare Ambrosini e Ronaldinho che non ha recuperato dall'affaticamento muscolare, ma che, cumunque, difficilmente avrebbe trovato posto in formazione al San Paolo. Ma l'allenatore livornese non fa una piega. Le emergenze sono ben altre, soprattutto alle falde del Vesuvio. Racconta nella conferenza stampa alla vigilia del match (domani alle 20.45): "In questi giorni la squadra si è allenata bene, Madrid rimane un caso isolato, una partita strana. Ci serva come lezione, da non ripetere". Allegri non è preoccupato per un semplice motivo: "perché la squadra è forte, sia nelle vittorie che nelle sconfitte". L'analisi è chiara: "Al Santiago Bernabeu è stato il primo quarto d'ora che ha compromesso tutto il resto, ma la squadra ha anche creato e giocato bene. Dobbiamo riprendere il cammino già da Napoli, serve una grande prestazione". Allegri racconta di avere sentito ieri il patron Silvio Berlusconi. "E' sempre molto vicino e ha detto di continuare a lavorare così" spiega con soddisfazione, anche se domani non potrà schierare Ronaldinho, da sempre pupillo dei Berlusconi. Al suo posto dovrebbe toccare a Robinho, anche se il brasiliano è in ballottaggio con Seedorf. La formazione? Allegri ha molti dubbi: "Non credo che domani sera a Napoli proveremo qualcosa di nuovo, ma potrà cambiare qualche giocatore, abbiamo molte assenze, anche per quello per forza qualcosa si cambierà. In difesa dovrebbe giocare Bonera a destra, Antonini a sinistra, Nesta e poi il dubbio tra Papastathopoulos e Yepes. Seedorf o Robinho? Ho ancora il dubbio tra Robinho e Seedorf, ma comunque giocheremo con il trequartista. Seedorf e Robinho, comunque, sono due giocatori diversi, entrambi in grado di darci qualcosa di importante".

mercoledì 20 ottobre 2010

No...cosi non va

Cosi non va. Ma non va proprio di brutto. Il Milan esce dal Santiago Bernabeu con le ossa rotte e con la speranza del primo posto nel girone ormai persa. Ma non lasciamoci ingannare. E' vero che i due gol del Real sono stati abbastanza "trovati", ma direi che ci è andata bene, visto che potevamo prendere benissimo un bel 4/5-0. Cosi non credo che andremo da qualche parte in Europa (mi auguro di sbagliarmi). Ma torniamo alla partita. Il primo gol nasce da un errore banale della barriera rossonera, che lascia filtrare un tiro di Cristiano Ronaldo in porta, tiro che sarebbe stato respinto alla grande dal muro rossonero se non ci fosse stata questa disattenzione. Il Real esulta. Palla a centrocampo del Milan che la perde, e Ozil può tranquillamentge fare gol con la deviazione di Bonera. 2-0 e siamo al 14' del primo tempo. Adesso un pensiero di paura entra nelle menti dei rossoneri. Se siamo 2-0 dopo un quarto d'ora, quale sarà il risultato alla fine? Per fortuna il Real non infierisce in termini di punteggio, ma domina comunque il Milan per tutto il tempo restante. Unico brivido per il Real una punizine di Pirlo un po' parata da Casillas, un po' dalla traversa. E bravo Amelia, che, incolpevole sui gol abbastanza fortutiti, ha saputo mantenere la concentrazione adatta a questo genere di partite.
A Milano, il 3 novembre servirà ben altro per fermare il Real targato Mourinho. A partire da Ibrahimovic e Pirlo.

martedì 19 ottobre 2010

Real Madrid-Milan 2-0

Al 14' del primo tempo Real Madrid-Milan è già finita. Non è un caso che a decretare la vittoria del Real siano gli uomini più dotati di classe: Cristiano Ronaldo e Ozil. Il primo su punizione (al 13'), il secondo con un tiro deviato da Bonera. Ma sono solo due delle numerose occasioni capitate ai padroni del girone che rafforzano la loro leadership e vedono già gli ottavi di finale. Senza Abbiati e Thiago SIlva. Due mazzate. Ma Massimiliano Allegri non si fa prendere dal panico e sbatte in prima pagina Amelia e Bonera: il primo al suo esordio con la maglia rossonera; responsabilità pazzesca nel tempio del Santiago Bernabeu. Una serata da raccontare ai posteri, ma con un incipit devastante. I primi 14 minuti della partita si trasformano in un incubo. Deve aver detto Mourinho: giocate alto e pressate, non fateli respirare. Compito eseguito. Sulle ali di Cristiano Ronaldo, spalleggiato dall'eleganza strafottente di Ozil, il Real segna due volte nello spazio di un minuto. La prima volta con il portoghese su punizione, provocata da un fallo di Pato al limite. L'ex United calcia forte e la difesa del Milan si apre al suo cospetto. Così tanto da gabbare Amelia che non può far altro che osservare la palla gonfiare la rete. Uppercut doloroso. Palla al centro e subito 2-0. Sotto choc, la difesa rossonera traballa e subisce il gol di Ozil, servito da Ronaldo, complice la deviazione decisiva di Bonera. La partenza bruciante del Real è inversamente proporzionale all'ansia del Milan, compresso nella sua trequarti. I rossoneri non riescono a ripartire e sbagliano molto nell'impostazione del gioco. A complicare le cose sono gli attaccanti che fanno poco movimento. La squadra di Allegri riesce però a scrollarsi di dosso la paura ed entra in partita al 24'. Più cuore che testa, sia ben chiaro, ma sufficiente per mettere in difficoltà il Real. Ma la reazione rossonera si concretizza al 29' in una punizione di Pirlo che sforna la sua maledetta quotidiana, respinta però dalla traversa, e in un gol sbagliato da Seedorf come un pivello dopo un passaggio gigantesco di Ronaldinho. Due lampi nella notte, però, perché quando meno te lo aspetti il Real esce dalla tana. La squadra di Mou gioca a memoria; con lo stile del tecnico e le sue certezze. Sale così in cattedra Amelia che in successione dice di no a Ronaldo, Ozil e Di Maria. Il gap fra Real e Milan è evidente anche nella ripresa. I rossoneri si sforzano, ma è troppo lo strapotere tecnico e fisico dei ragazzi di Mou. Inutile l'inserimento di Boateng per Gattuso, anche se il ghanese regala più movimento in fase offensiva. Il Real dal canto suo alterna fraseggi prolungati ad azioni da antologia. Ogni manovra è bellezza del calcio e quando Cristiano va via è il delirio. Entra anche Robinho (fuori Dinho); entra pure Inzaghi che rileva Pato, incappato nella sua classica serata inguardabile e supponente. Ma servirebbe ben altro. Magari un centrocampo veloce, capace di difendere e far ripartite la squadra. Eppure i nuovi entrati accendono il Milan. Bello il guizzo di Pippo che Ibra non trasforma in gol, arrivando in ritardo davanti a Casillas. Violento il destro di Robinho che Casillas devia in angolo. Una reazione tardiva che coincide però con il calo del Real che controlla e fa girare la palla a suo piacere. Fino al tiro conclusivo di Ronaldo, parato da Amelia, il migliore del MIlan. E questo la dice lunga. Il risultato finale non fa una piega. Mou vola praticamente agli ottavi; il Milan dovrà fare i conti con l'Ajax.

sabato 16 ottobre 2010

Milan-Chievo 3-1

Che il Chievo sia squadra tosta è noto anche ai bambini. E' nel suo Dna. Sin dai tempi di Delneri. Basta chiedere al Milan che per batterlo 3-1 deve quasi arrampicarsi sugli specchi. La vittoria ci sta tutta, ma onore ai veronesi che sul 2-1 ci credono e mettono sotto i rossoneri. Ma i tre punti, oltre a portare momentaneamente in testa alla classifica la squadra di Allegri, rilancia le quotazioni di Pato mandato in gol due volte da Ibrahimovic che segna anche la rete dei veneti. Ci pensa Robinho a chiudere il conto in pieno recupero, firmando la sua prima rete in rossonero. Successo che significa leadership, ma che coincide con l'infortunio di Thiago Silva: una distorsione alla caviglia sinistra proprio alla vigilia del match di Champions con il Real. Logico per Allegri ripartire da Ibrahimovic. Logico ripartire, dopo le buone impressioni del Tardini, da Ronaldinho trequartista alle spalle delle punte, di Pato dal primo minuto e di Zlatan. Il ragionamento del tecnico non fa una piega, perché Parma e Chievo hanno in comune la fame. Stesso atteggiamento con il centrocampo degli intoccabili Gattuso, Pirlo e Seedorf. Pioli oppone ai rossoneri identico schema; 4-3-1-2, dove Bogliacino gioca a ridosso di Pellissier e, attenzione, di Granoche, preferito a Moscardelli. La classe e l'esperienza contro la forza del collettivo. I consigli di Allegri sono chiari: il Chievo fa pressing e va affrontato con la stessa moneta. Gervasoni fischia e Pato dà infatti un segnale chiaro, impegnando Sorrentino, anche se il tentativo è debole. Il Milan ha un obiettivo: mantenere il possesso della palla con i suoi portatori che hanno il compito di rifornire il tridente. Ibra, è evidente, gioca in posizione arretrata. Ronaldinho svaria a suo piacere e si capisce subuto che è ispirato. Sarà per la presenna in tribuna del c.t. della Selecao Menezes; probabilmente anche per la posizione. Ad avvantaggiarsi è anche Pato, scheggia impazzita con la palla attaccata al piede. La difesa del Chievo fa quel che può; raddoppia bene e fa ripartire il gioco. Ma al 18' abdica. Ibra trova il varco giusto sulla destra per Pato che con un tiro incrociato preciso, infila dove Sorrentino non può arrivare. Ma il Chievo c'è. Scrollato di dosso il colpo del vantaggio rossonero, al 24' si avvicina al pari con un colpo di testa di Granoche lasciato troppo solo; ma la zuccata è debole e Abbiati ringrazia. Al 28' però il portiere rossonero deve usare tutti i suoi mezzi per dire due volte no a Constant, prima con una respinta, poi con una deviazione in angolo. Gol mancato uguale gol subito. Al 30', infatti, su una punizione calciata da Ibra per Pato, arriva il raddoppio. Il "Papero" dalla stessa posizione del primo gol scarica sotto la traversa, complice anche una leggera deviazione di Andreolli. Il raddoppio dà sicurezza al Milan, ma non placa l'iniziativa del Chievo che cerca con una manovra avvolgente di limitare i danni. Gattuso, tutta un'altra vita, chiude gli spazi; Pirlo fa l'interditore e come Seedorf si fa trovare spesso in difesa. Il Chievo, dal canto suo, attacca e crea problemi al Milan, lasciando spazi aperti in cui Pato ci si infila volentieri, come al 44' quando Sorrentino toglie al rossonero la soddisfazione della tripletta. La ripresa inizia con due cambi nel Chievo: dentro Fernandes e Thereau per Bentivoglio e Granoche. I cambi regalano più movimento ai gialloblù. Il tema è lo stesso del primo tempo: il Chievo spinge e il Milan opta per il contropiede. Ma al 16' Thiago Silva esce per una distorsione alla caviglia, spezzando gli equilibri difensivi rossoneri. Entra Bonera, ma non è la stessa cosa. Nel Milan entra anche Robinho (fuori Pato), proprio mentre il Chievo dimostra di averne di più. E con il pressing dei ragazzi di Pioli arriva anche il gol: si tratta di un autogol di Ibrahimovic sugli sviluppi di un corner, dopo la spizzicata di Pellissier. E' la classica rete che carica ulteriormente il Chievo e manda in crisi i piani rossoneri. Fa bene Allegri a regalare muscoli e corsa al centrocampo togliendo Seedorf per Boateng. Sono momenti duri per il Milan che gioca con i nervi, mentre il Chievo usa la testa. Fernandes, piedi buoni, sfiora il pari con un rasoterra. E a dare spessore ai veronesi è Constant, classe cristallina a cui manca solo un po' di esperienza. Pioli, che vuole pareggiare, mette dentro anche Moscardelli per Bogliacino. Ognuno con un compito fisso: pressare l'uomo e non farlo respirare. E gli riesce bene, anche perché Ibra è stanco e Robinho entra in partita solo al 48'. Ma in maniera decisiva: quando Ronaldinho gli regala la palla del 3-1. Irruzione in area, Sorrentino evitato e palla nel sacco. Andiamo!!!

mercoledì 13 ottobre 2010

Arrestato il capo ultrà serbo

Si chiama Ivan. Lo dice un agente, quando alle 3 della notte tra il 12 e il 13 ottobre il ricercato numero uno degli ultrà serbi a Marassi viene immortalato dai fotografi dopo essere stato arrestato da pochi minuti. Lui l’avete visto con un passamontagna appollaiato sopra la rete del settore ospiti prima di Italia-Serbia. Aveva tagliato la rete, e, da lassù, fisico enorme e tatuaggi ostentati in bella vista, lanciava bengala in campo e in curva nord. Proprio i tatuaggi sono stati il suo tallone d’Achille. Sì perchè gli agenti lo hanno cercato per tutta la notte, dopo che i disordini degli ultrà serbi dal campo si sono estesi agli spalti al piazzale antistante lo stadio, quello dove avevano i pullman, nel dopopartita. Un cancello forzato dai tifosi, gli scontri con le forze dell’ordine, che poi hanno ricevuto rinforzi e caricato in forze, costringendo tutti a risalire sui pullman. Anche Ivan, l’"uomo nero", il capo ultrà, l’uomo dei tatuaggi. Un 28, il simbolo della Stella Rossa, addirittura una bomba a mano. E allora, via alle ricerche. Estenuante, interminabili. La forze dell’ordine hanno fatto scendere uno ad uno tutti i passeggeri. Poi hanno fatto sfilare la maglietta a tutti i tifosi, per riconoscere i tatuaggi immortalati dalle telecamere. Niente. E così i pullman hanno cominciato a ripartire, via da Marassi e da una nottata che hanno trasformato in incubo per tifosi e squadre. Senza di lui. Perchè doveva essere ancora lì, da qualche parte. Quando di pullman nel piazzale ne è rimasto solo uno, ed è stato circondando da un numero enorme di agenti in tenuta antisommossa, il pensiero condiviso da chi era ancora lì, al di là della rete, ad aspettare di dare un volto all’uomo nero delle fiabe, è stato: ci siamo. Erano le 2.30. E però i passeggeri del pullman sono scesi, si sono messi in fila orizzontale, un film già visto, si sono tolti la maglietta e hanno mostrato che di tatuaggi ne avevano a bizzeffe pure loro. Sì, ma non quelli giusti. Insomma, i tifosi serbi erano stati controllati tutti senza successo, anzi, tutti meno uno. Ivan. Scovato alle 2.41 nel vano bagagli di quel pullman. Tra gli applausi e gli insulti degli astanti. Lui, enorme, è stato placcato da diversi agenti, e trascinato, insieme a borse con centinaia di bengala, di nuovo nella pancia dello stadio. Dove qualche ora prima guardava tutti dall’alto, dove ora era costretto alla resa. Ammanettato.

martedì 12 ottobre 2010

La vergogna del calcio di oggi (Italia-Serbia)

Doveva essere la serata di Pazzini e Cassano, nel loro Marassi, contro la Serbia. E invece il loro Marassi è diventato ostaggio dei tifosi ospiti. Che hanno ritardato prima di 37’ e fermato poi, dopo 6’, la partita. Costringendo l’arbitro a fermare tutto. Non si gioca. Perchè non si può giocare. Perchè dalla rete - bucata dagli ultrà - arrivavano in campo e in curva bengala. Perchè a rischio c’era l’incolumità dei giocatori e del pubblico. Vedremo se arriverà il 3-0 a tavolino. Le cose si mettono male già prima dell’ingresso dei tifosi da Belgrado (pare che gli ultrà siano in larga parte tifosi della Stella Rossa): in tribuna arriva la notizia di 3 fermi e 15 feriti serbi negli scontri con la Polizia (hanno verniciato il muro di Palazzo Ducale). Allo stadio le cose vanno ancora peggio, precipitano. Circa 1.600 ultrà della Serbia, nel settore ospite, la solita "gabbia" del Ferraris, a dieci minuti dal fischio d'inizio della partita, valida per la qualificazione a Euro 2012, cominciano un lancio di fumogeni verso l'adiacente gradinata nord, riempita da sostenitori dell'Italia. Il lancio prosegue verso il campo, nonostante l'intervento dei vigili del fuoco, ed è accompagnato anche dall'esplosione di una bomba carta. La polizia, in assetto antisommossa, si schiera a bordocampo al di là della recinzione che circonda i tifosi stranieri. Intanto cominciano le scaramucce con i tifosi italiani in curva nord, provocati, che rispondono innaffiandogli con un’idrante. Gli agenti della Digos provano a convincere a scendere una decina di ultrà, che hanno sollevato la rete della "gabbia" e sono appollaiati sulla recinzione. Intanto le squadre entrano in campo. I giocatori sono ignari di tutto, si guardnano intorno spaesati. E’ chiaro che così non si può giocare. L'arbitro scozzese Thomson ne prende atto, e manda le due squadre negli spogliatoi. Circola intanto la voce che il portiere titolare della Serbia Vladimir Stojkovic, già contestato in patria perchè passato dalla Stella Rossa al Partizan Belgrado, sia stato colpito da un fumogeno prima della gara proprio dai tifosi serbi, che già dopo la sconfitta interna contro l'Estonia avevano messo a ferro e fuoco Belgrado. I tifosi ospiti non si placano, e allora provano a calmarli i loro giocatori. Intervengono Stankovic, Krasic e compagni, che chiedono loro di calmarsi, ma li applaudono anche. E ottengono una tregua. Si riparte. Ci si riprova. Ma l’ambiente è surreale, no, non può funzionare così. Si riparte alle 21.27, con 37’ di ritardo. In campo Zambrotta ha la fascia di capitano. Arrivano i fischi del pubblico di casa nostra ogni volta che tocca palla la Serbia. Arriva un fallo di Rajkovic violentissimo dopo 2’, ammonito, ma non distende certo gli animi. Poi Pazzini viene spinto in area serba, sembra rigore netto, l’arbitro fischia punizione contro. Al 6’ la gara si ferma ancora: fumogeni in campo prima e in curva poi, sempre provenienti dal settore ospite. Alle 21.38 arriva la decisione finale: non si gioca. Il pubblico applaude. Si è perso lo spettacolo. Ma non si poteva andare avanti: troppo pericoloso. Il calcio stasera doveva fermarsi.

Alla sospensione della gara i tifosi serbi posizionati nel settore 6 hanno abbandonato per la maggior parte il loro posto e sono usciti nella zona di filtraggio. Fuori dallo stadio ad attenderli c'erano un centinaio di tifosi italiani. Inevitabile il lancio da entrambe le parti di bottiglie e fumogeni. Alcuni tifosi serbi inoltre hanno scavalcato i tornelli cercando lo scontro fisico. Le forze dell'ordine in tenuta antisommossa hanno formato un cordone divisorio utilizzando anche i mezzi blindati. Roberto Massucci, ufficiale per la sicurezza: "Eravamo consapevoli che fosse una partita a rischio, ma un comportamento di questa aggressività era da tempo che non si verificava. Una tifoseria così non doveva arrivare qua. Andavano fermati dalla legislazione serba. E qui non c’era nessuno della polizia serba. Sebbene non avessimo informazioni che qualificassero i tifosi serbi così ad alto rischio come abbiamo poi visto, tenendo conto di precedenti relativi alla Serbia, il piano operativo era comunque calibrato ad una partita ad alto rischio. Questo non significa comunque polizia in campo, come invece è poi dovuto avvenire. Sapevamo comunque che sarebbero stati in tanti. Già nel pomeriggio in centro a Genova abbiamo dovuto favorire l’afflusso allo stadio dei tifosi per evitare che facessero danni in città. Il controllo è stato accurato nella misura in cui può esserlo su 2000 persone in poco tempo. Non abbastanza per evitare che portassero con loro oggetti pirotecnici. La nostra sicurezza è riuscita comunque a scongiurare che entrassero in campo: i tifosi serbi non volevano far giocare la gara. Il delegato Uefa ha poi deciso di far cominciare la partita quando la situazione è migliorata. Poi i lanci di fumogeni sono ricominciati, del resto la tifoseria serba era ostile anche ai calciatori della loro squadra, che hanno cercato di calmarli. Un retroscena: all’atto della partenza del pullman serbo dall’albergo i tifosi hanno tentato di aggredire i giocatori lanciando dentro un fumogeno. Il portiere è accusato di un cambio di maglia non condiviso dai tifosi, poi vedremo se ci sono altre ragioni. La decisione finale di interrompere definitivamente la partita l’ha poi presa l’arbitro, che riteneva non ci fossero le condizioni di sicurezza per spettatori e giocatori".

giovedì 7 ottobre 2010

Kakà di nuovo al Milan?

Ricardo Kakà di nuovo in rossonero? Una suggestione per molti, una speranza per altri ma, per chi ha buona memoria, tende a sembrare quasi un incubo. Da ormai tantissimi anni la storia insegna che, al Milan ma anche in altre squadre, i cavalli di ritorno falliscono sempre. Impossibile non citare Ruud Gullit, uno dei principali artefici dei successi del glorioso team rossonero, tornato alla base nel 1994 inanellando otto semplici presenze. E' successo con Marco Simone, rincasato al Diavolo nel 2001/02 collezionando la miseria di nove presenze e zero gol: un colpo al cuore per tutti coloro che lo avevano "amato" alla follia nella precedente avventura. Anche Leonardo, ricongiuntosi ai suoi colori nel 2002/03, fu costretto ad interrompere la sua stagione in corso d'opera, non prendendo parte ai successi storici di quella magica annata. L'esempio, tuttavia, più lampante, e decisamente simile, è quello di Andriy Shevchenko: l'ucraino, dopo aver scalato a suon di gol la classifica dei cannonieri di tutti i tempi al Milan (secondo alle spalle di Nordahl), lasciò la squadra di Ancelotti per approdare al Chelsea di Abramovich. Nel 2008/09, dopo due anni decisamente sottotono, tornò a Milanello ma, senza ombra di dubbio, l'attaccante che si presentò fu una semplice controfigura del grande campione degli anni precedenti: diciotto presenze e due reti restano il bottino del nuovo Sheva, tornato alla Dinamo Kiev l'anno successivo. La storia non è applicabile solo ai giocatori, ma anche agli allenatori, come non citare i fallimenti di Sacchi e Capello al loro ritorno al Milan: nessuno l'avrebbe potuto prevedere e, invece, anche due maestri della panchina riuscirono a fallire. L'eccezione alla regola esiste e, senza alcun dubbio, esisterà sempre, ma le attuali condizioni di Kakà, operato e reduce da problemi fisici importanti, pongono le basi per l'ennesimo flop da "ritorno" in casa Diavolo. Tutti abbiamo nella mente il grande giocatore che è stato il brasiliano e, proprio con i colori rossoneri, tutti i successi che ha contribuito a conquistare: rischiare di macchiare tutto ciò sarebbe veramente un peccato. L'ex "bambino d'oro", ora ventottenne, potrebbe riuscire nel miracolo di tornare un giocatore valido e importante ma, dopo aver assistito alle grandi prestazioni da Pallone d'Oro degli scorsi anni, i tifosi rossoneri riuscirebbero ad accontentarsi di una versione sbiadita del Kakà che fu?

martedì 5 ottobre 2010

Zambro di nuovo in Nazionale!

Il senatore, 33 anni tondi, è tornato ad avere due seggi: uno al Milan e uno in Nazionale. Il c.t. Cesare Prandelli, in piena emergenza non ha avuto dubbi nel riprenderlo in famiglia: "Gianluca Zambrotta ha una forma fisica ottima e quando l'ho chiamato ha detto sì con entusiasmo. Piuttosto che un 28enne senza esperienza internazionale chiamo un giocatore che ha vestito quasi cento volte (97, ndr) questa maglia". E Zambro ringrazia con l'entusiasmo dell'esordiente, perché proprio non se l'aspettava: "Sono contento di essere qui, è dal 1999 che conosco la Nazionale. Sono sempre legato tantissimo a questi colori, a questo ambiente e a tutti quanti". Racconta: "Un po' sono stato sorpreso dalla chiamata del c.t.; quando mi ha telefonato gli ho detto che ero disponibile, poi domenica è arrivata la conferma. Vivo sempre alla giornata e credo che giovani interessanti per vestire la maglia azzurra ce ne siano. Penso a Balzaretti, Antonelli e nel mio ruolo a De Silvestri. E non è nemmeno vero che i talenti in Italia mancano: abbiamo Cassano. Balotelli e Pirlo che sono veri talenti". Nella conferenza stampa di Coverciano fioccano domande, anche una sull'eterna questione Cassano-Lippi, Zambrotta liquida la discussione con diplomazia lapidaria: "Non dipendeva da noi veterani se lui doveva o no venire al Mondiale. E poi erano cose che riguardavano Lippi e Antonio. L'ex c.t. avrà avuto i suoi buoni motivi per non chiamarlo; ma ora Cassano è importante per noi e può farci fare il salto di qualità: siamo tutti contenti che sia qui". E torna alla sua convocazione; al ritorno nella "sua" Coverciano. "Al Mondiale dissi che non mi sentivo finito - ricorda l'esterno del Milan -; quando giovedì scorso Prandelli mi ha chiamato, non ho pensato a prendermi particolari rivincite. Ho detto semplicemente si. Non sono qui per togliere il posto a nessuno, non ho detto che torno e pretendo di giocare. Ma le 100 presenze sono vicine e vorrei raggiungerle".

sabato 2 ottobre 2010

Parma-Milan 0-1

"Mamma, che gol!". Lo dice Ronaldinho, già pallone d'oro, guardando la conclusione di Andrea Pirlo da 38 metri infilarsi tra palo e traversa, nell'unico punto dove Mirante, prima e dopo strepitoso, non può arrivare. Per il centrocampista rossonero è il sesto gol al Parma in carriera, il primo che regala la vetta provvisoria della classifica ai rossoneri. Un ritrovato Gattuso e Ronaldinho dietro le due punte le scelte azzeccate da Allegri, contro un avversario volitivo ma 'spuntato': Crespo non è Bojinov e senza Giovinco la fantasia scarseggia. Promosso anche Ibra, mentre Robinho non incide né come suggeritore, né al tiro. Il primo posto dei rossoneri - 11 punti contro i 10 di Inter e Lazio - coincide con il ritorno al successo in trasferta a sette mesi di distanza dall'ultima volta: il 3 aprile scorso, il Milan batteva il Cagliari 4-3, prima d'iniziare un lungo digiuno. Lo ha interrotto Andrea Pirlo, con un tiro dei suoi sceso improvvisamente alle spalle di Mirante. Il Milan di Parma è forse il migliore visto dall'inizio di campionato (non fa testo il 4-0 all'esordio con il Lecce): Nesta-Thiago Silva è la coppia centrale che dà maggiori garanzie, Gattuso vale Boateng con più cattiveria, mentre Pirlo è la scintilla per accendere Ibra. La vera novità, però, è Ronaldinho trequartista, non più confinato a sinistra, ma libero di verticalizzare o puntare la porta. Dopo la panchina in Champions League, un giocatore parzialmente ritrovato. Gli unici che non brillano sono Seedorf, troppo lento con la palla tra i piedi, e Robinho, morbido quando c'è da concludere. Il cambio con Pato, al rientro dopo l'infortunio, apre nuovi scenari sul tridente d'attacco. Il Parma, invece, non è molto diverso da quello visto a Firenze. C'è Crespo in avanti al posto di Bojinov, l'occasione che gli capita al 12' - a tu per tu con Abbiati - qualche anno fa non l'avrebbe sbagliata. Gli emiliani recriminano per un contatto Nesta-Paci in area nella ripresa, il rigore ci può stare. Ma se in quella fase del match il parziale è solo di 1-0, il merito è soltanto di Mirante, decisivo in almeno tre occasioni: al 29' su Ibra in uscita, e poi al 37', quando lo svedese calcia tre volte e per tre volte l'estremo difensore del Parma gli nega la gioia del gol. Poi s'infortuna Morrone, e Marino inserisce Valiani che carbura alla distanza. Suoi i cross del forcing parmense, anche se l'occasione più ghiotta capita a Ronaldinho, ma non la sfrutta. Se non altro, Ronaldinho si muove per 90' e cerca spesso la verticalizzazione. A deludere, ancora una volta è Robinho, a corto di condizione e di lucidità ogni volta che si presenta in area. L'errore al 13' della ripresa ricorda quello di mercoledì in Champions League, anche se meno clamoroso. Probabile l'inserimento di Pato già dal prossimo match.

Allegri: "Non dipendiamo da Ibra"

Massimiliano Allegri ci tiene a sottolinearlo: le partite durano 95'. Anche quella che domani sera si giocherà al Tardini. Come dire che il Milan avrà molto tempo a disposizione per tornare da Parma con il bottino pieno, ma giocando con pazienza e attenzione. Allegri non sottovaluta la trasferta ed esalta la brillantezza dei gialloblù, la loro bravura soprattutto quando giocano in casa, ancora di più perché di fronte si troveranno il Milan e cercheranno di bloccare le fonti di gioco per Ibrahimovic. "La partita - spiega - è importante perché a livello psicologico un risultato utile garantisce forza e autostima. Alleno campioni che vogliono vincere e costruire qualcosa di importante; sono certo che domani faremo una grande partita". Perché per Allegri il Milan questa partita la deve giocare come se fosse una finale: scavalcare in classifica l'Inter anche per sole 24 ore fa bene alla mente. Come dargli torto. L'allenatore del Parma, Pasquale Marino, che da lunedì scorso studia Milan, medita un partitone ed è chiaro: "Dobbiamo aggredirlo in ogni angolo di campo. Cercheremo di sviluppare la manovra come abbiamo sempre fatto ma anche di fare una gara equilibrata già in partenza nella due fasi. Costringere gli avversari a fare la fase difensiva deve essere una nostra prerogativa". Allegri è attento; la lezione di Cesena è servita e per arrivare in fondo non bisogna più sbagliare. Di formazione non parla come di consueto, anche se apre spiragli notevoli alla curiosità. Prima di tutto l'annuncio più importante: "Pato è a disposizione; non ha ancora i novanta minuti nelle gambe ma è dei nostri". Poi i dubbi: "Qualcuno a metà campo e in difesa sulla fascia destra. Ibra e Ronaldinho ci saranno; ma ci sono buone possibilità anche per Inzaghi: è una valutazione che dovrò fare dopo l'allenamento di oggi. Ibra è comunque da valutare, perché un po' di fastidio (all'adduttore, ndr) ce l'ha". L'allenatore rossonero chiude anche la vicenda Clarence Seedorf dopo le dichiarazioni poi chiarite dal centrocampista rossonero nel dopo gara con l'Ajax. "Con Clarence non c'è alcun problema, abbiamo chiarito insieme a tutta la squadra. Il gruppo lavora insieme da due mesi, sta cercando di costruire cose importanti e per farle bisogna cercare di evitare che ci siano malintesi. Clarence è molto intelligente e la cosa come è nata è morta il giorno dopo". Allegri disquisisce infine sul tormentone della settimana: il Milan è Ibra dipendente? "E' come affermare che l'Inter è Eto'o dipendente; lo trovo riduttivo. Ibra gioca con noi ed è giusto che faccia gol, se li segna è perché c'è qualcuno che gli permette di farlo. Lo scorso anno, quando allenavo il Cagliari, mi fecero osservare al termine di una partita che il portiere aveva fatto tre parate. Io ho risposto che era giusto perché era lì per quello e la stessa cosa vale per Ibra, gioca e segna per il Milan. Ora aspetto i gol di Pato, Inzaghi e Robinho e quelli dei centrocampisti".