martedì 30 novembre 2010

Ibra: "Sono unico e raro"

Ibrahimovic a ruota libera, che si concede alla stampa. Proprio domani il settimanale Chi e il mensile Vanity Fairdedicheranno ampi servizi allo svedese. "Mario, che è un grandissimo calciatore, ha dimostrato di essere anche intelligente. Sarebbe bello per entrambi tornare a giocare insieme. Anche per i tifosi del Milan". Zlatan "chiama" Balotelli. Il centravanti svedese del Milan, nell'intervista a Chi in edicola, si esprime così sull'ex compagno di squadra, ora al Manchester City. "Il Milan è un club fantastico, sotto ogni punto di vista: dall'organizzazione alla cura dei particolari, dalle strutture ai professionisti che ogni giorno mettono anima e corpo nel proprio lavoro - si legge ancora -. Sono onorato di fare parte di questo gruppo. Potrebbe essere la mia ultima esperienza". Piccoli Ibra crescono? "Non vedo nel panorama calcistico un calciatore che mi assomigli - aggiunge il centravanti rossonero -. Al momento sono un pezzo unico e raro". A Vanity Fair, Zlatan confida invece una certezza assoluta: "Mi considero il numero 1 al mondo. Per me secondo non esiste. Il futuro? Penso di giocare ancora tre anni al massimo. Devi smettere quando sei al top". Una piccola gaffe visto che poi nel pomeriggio, lo stesso Ibra attraverso il sito del Milan ha precisato che "non è mia intenzione smettere di giocare tra 3 anni, anche perché il mio contratto con il Milan scadrà solo nel 2014". Ai tifosi interisti arrabbiati per il suo passaggio rossonero, risponde così: "Primo: bisogna capire se sono arrabbiati davvero o lo fanno per politica. Secondo: se sei un vero tifoso sei contento di quello che ho fatto per Inter. Questo almeno è rimasto a me: un ricordo positivo. Attaccamento alla maglia? Quando sono andato dalla Juve all'Inter, allora? Anche quel passaggio non era semplice". E sull'ipotesi che era ventilata allora e cioè di tornare a giocare all'Inter, Ibra risponde che "non c'era interesse da parte della società. "E comunque il mio motto è: non si torna indietro mai. Perché non potrei fare meglio di quello che ho fatto". Inevitabile parlare poi di Mourinho, allenatore con cui ha avuto un ottimo rapporto, anche se Mou al suo secondo anno lo ha lasciato andare via. "Io e lui siamo simili perché parliamo chiaro e concreto - sostiene Zlatan -. Mi dispiace solo che abbiamo lavorato insieme per poco, un anno. Ma in un anno abbiamo fatto grandi cose. Se mi chiamasse al Real Madrid? No. Sono un giocatore del Milan adesso, e non penso ad altro".

lunedì 29 novembre 2010

Partita l'operazione Matri

Tentazione Matri, sempre di più. Il ventiseienne di Sant'Angelo Lodigiano sembra aver scalato le classifiche di gradimento di via Turati, complice l'assoluta stima del suo ex tecnico Massimiliano Allegri e, ovviamente, le sue ottime prestazioni con la maglia del Cagliari, condite anche da tante reti di pregevole fattura. Strappare l'ex rossonero alla Sardegna, tuttavia, non sarà certo un'impresa facile: Cellino difficilmente vorrà privarsi della sua punta di diamante a gennaio e, soprattutto, rispedirà beatamente al mittente offerte ritenute non soddisfacenti. Nel corso dell'ultima settimana si è parlato di un abbozzo di proposta per raggiungere l'attaccante, valutata intorno ai dodici milioni di euro, respinta con decisione dal patron dei rossoblù: la carta Davide Astori, uno dei giovani difensori italiani più promettenti del panorama attuale, potrebbe avvantaggiare la dirigenza del Diavolo nella trattativa, ma le insidie sarebbero comunque elevate. Le qualità del giovane lombardo sono indiscutibili: buona tecnica di base, unita ad un ottimo senso del gol ed una invidiabile velocità, caratteristiche che hanno conquistato l'attuale tecnico rossonero, bravo a lanciarlo a grandi livelli nel suo biennio di Casteddu. Anche la Juventus, come ormai abbiamo più volte constatato, sembra essersi interessata verso un potenziale obiettivo del Milan: difficile comunque che possa partire un'asta di mercato, considerando anche i rapporti stretti tra le due esperte società. Matri, dalla sua, non sembra pensare troppo al mercato: felice delle attenzioni, si limita a continuare la sua progressione sarda, mantenendo un volo basso e cautelativo. Prima di tentare un affondo decisivo, se affondo ci sarà, la dirigneza rossonera dovrà però valutare bene il da farsi, senza lasciarsi prendere esageratamente dalla frenesia: prima di tutto, come in qualsiasi operazione di mercato, sarà fondamentale valutare se il "prezzo vale la candela", considerando le probabili alte pretese di Massimo Cellino. In secondo luogo, esaminando comunque l'attuale pacchetto di punteros, appare logico che i vertici del Milan dovranno capire il potenziale ruolo del giocatore all'interno della rosa del Diavolo: non solo in questi sei mesi in cui Inzaghi sarà ai box, ma anche in futuro. Acquisire il ventiseienne lombardo, infatti, significa puntare sulle sue qualità per un lasso di tempo elevato e, in ogni caso, tale aspetto deve essere valutato con straordinaria attenzione. Infine, parafrasando le parole di Galliani, è lecito porsi un quesito: è Matri il grande attaccante di cui l'Amministratore Delegato ha accennato nelle recenti interviste? La finestra di gennaio è vicina, a breve si potrà scoprire senz'altro di più sulle prossime strategie rossonere.

sabato 27 novembre 2010

Sampdoria-Milan 1-1

Raramente scoppole sonore sono così salutari. Era il 19 ottobre e il Milan uscì massacrato dal confronto al Bernabeu con il Real Madrid. Da allora è nata una nuova squadra. Una squadra che però con l'1-1 sul campo della Sampdoria rallenta dopo 5 vittorie consecutive tra serie A e Champions. Ma il punto non è disprezzabile in assoluto. Nel finale Seedorf e Robinho hanno avuto le occasioni per il 2-1. Certo, una vittoria sarebbe stata assai preoccupante per la concorrenza, ma ad Allegri restano la prestazione, piuttosto convincente, la consapevolezza di aver chiuso un periodo durissimo con un bilancio più che positivo e la ragionevole certezza di aver trovato l'assetto che potrà dargli nuove soddisfazioni in futuro. Dicevamo della sconfitta di Madrid. Lì Allegri si è convinto che Pirlo, Seedorf, Dinho, Pato e Ibra non potevano giocare insieme. Da allora si sono infortunati Pato e Inzaghi. E' stato fuori Pirlo. E' stato accantonato Ronaldinho, a Marassi alla sesta panchina consecutiva. Il brasiliano è entrato solo per i 4' di recupero. Scelta tanto chiara quanto preoccupante per lui. Anche perchè Robinho sembra sempre più dentro a questo Milan. Gioca Seedorf dietro a Binho e Ibra. Con tre mastini a centrocampo. Risultato? Milan un po'meno bello da vedere. Ma più efficace. La squadra pressa. E' meno vulnerabile dietro, pur tenendo un po' meno palla. Solo applausi per la Samp e per Mimmo Di Carlo. Che tira fuori un punto da una squadra incompleta dopo la rottura con Cassano. Sfruttando le doti dei suoi e allestendo una fase difensiva che concede relativamente poco a una squadra di campioni. Vincere a Marassi sarà dura per tutti, Fantantonio o meno. Certo, se poi a gennaio arrivasse una spalla per Pazzini... Allegri sceglie l'adattato Bonera in difesa a sinistra. Ma da quella parte Mannini non combinerà nulla. In mezzo Boateng fa rifiatare Flamini. Di Carlo, che oggettivamente può scegliere poco, mette il piede nobile e la lentezza di Tissone insieme al rientrante Palombo in mezzo, con l'acerbo ma generoso Marilungo accanto a Pazzini. Guberti, talento lanciato da Sonetti ad Ascoli, è l'uomo delegato al cambio di passo a sinistra. Il Milan parte con intensità. Difesa alta. Tre maestri della pressione. Un trequartista (Seedorf) al di sotto dei suoi livelli, ma soprattutto un Robinho che gioca la sua miglior partita da quando è arrivato. Tre suoi tiri da fuori stuzzicano Curci. Ma è soprattutto il suo movimento a mettere a disagio la Samp. Normale che il gol arrivi da lui, bravo a farsi pescare in area da Ibra e a battere Curci. La Samp? Tutta in un controllo sbagliato da Pazzini dopo l'errore di Nesta. Perdonateci la banalità, ma senza Cassano è proprio dura far male. Ma i doriani anche senza Fantantonio hanno delle qualità. Sono sempre compatti. Non mollano mai. E, se è vero che faticano a creare gioco, sono insidiosi sulle palle inattive. Detto fatto. Gastaldello svetta sul corner di Ziegler, provocato da un rinvio errato di Abbiati, e serve Pazzini. Da due passi il Pazzo non li sbaglia certi gol. E fanno quattro in sei giorni dopo la tripletta di Lecce. 1-1 non del tutto meritato. Ma legittimato in seguito. Perchè, dopo gli innesti di Koman e Pozzi per Guberti e Marilungo, Abbiati sventa il 2-1 proprio di Pozzi, che si presenta col gran colpo di testa.Ma il Milan ha uno spirito e una forza in parte sconosciuti in passato. I rossoneri hanno giocato in Champions. Vengono da un periodo molto intenso. E i giocatori da ruotare, complici gli infortuni, non sono stati poi moltissimi. Eppure il finale è tutto rossonero, nonostante un Ibra lontano dai suoi livelli. Ambrosini e Gattuso coi loro infiniti polmoni ripigliano il controllo della mediana. E la Samp chiude sbuffando, graziata da Seedorf che calcia su Curci dopo l'assist di Ambrosini e aiutata dalla deviazione di Accardi nel recupero che priva Binho della doppietta. Finisce 1-1. Il pari dei rimpianti. Ma anche della consapevolezza.

martedì 23 novembre 2010

Auxerre-Milan 0-2

Ad Auxerre se lo ricorderanno per un bel pezzo. Quattro gol subiti dal Milan tra andata e ritorno, tre reti firmate da sua maestà Zlatan e una da Ronaldinho che nel finale sostituisce proprio l'immenso Ibrahimovic. Vittoria ineccepibile, bella e convincente che lancia i rossoneri agli ottavi con un turno di anticipo, approfittando della disfatta dell'Ajax in casa con il Real. Ronaldinho? Allegri non si fa prendere dalla tentazione. Nei suoi intenti c'è quello di allungare il filotto all'insegna dei suoi tre moschettieri Gattuso, Ambrosini e Flamini e lì davanti Ibrahimovic al fianco di Robinho, con Seedorf a supporto. Avanti così anche in Europa. Perché cambiare? Ma l'Auxerre, squadra di mezza classifica, è rognosa quanto basta per infastire la marcia dei rossoneri. Gioco banale e ripetitivo; tanta corsa, velocità sulle fasce e tiri dalla distanza, ma da non sottovalutare.

Il Milan si difende con organizzazione e cerca di sfruttare gli spazi regalati dall'Auxerre in pressing costante. La squadra di Fernandez cerca di bloccare i portatori di palla rossoneri che tengono, ma non regalano meraviglie. Anzi. Però basta poco ai rossoneri per sfiorare il gol due volte, in entrambi i casi con la sponda di Ibra. Prima con Seedorf che calcia alto di pochissimo, poi con Gattuso che si mangia un gol fatto con la porta spalancata. Ibra fa quel che può e pur raddoppiato dai mastini di Fernandez, apre spazi e regala palla invitanti ai compagni. Buona la prova di Robinho che con il suo movimento costante alimenta la manovra a cui servirebbe però più velocità. All'Auxerre che fa girare la palla, la squadra di Allegri risponde rallentando il ritmo a discapito del gioco, anche perché quando i transalpini sono schierati diventa dura.
Il Milan spinge di più all'inizio della ripresa, rischia il contropiede, dell'Auxerre che però si perde negli ultimi 25 metri. Più convincente la pressione dei rossoneri che, finalmente, possono contare di più su Zambrotta e Abate. Quest'ultimo, soprattutto, incide di più e rifornisce palloni utili. Fernandez avverte il pericolo e regala più muscoli alla fase di copertura togliendo Hengbart per Chafni. Ma il tema non varia. Il Milan spinge con più certezze e al 19' passa. L'azione parte da Seedorf che allunga a Robinho; la palla finisce al limite a Ibra che dall'alto della sua immensa classe confeziona una bordata di destro imparabile che si conficca sotto la traversa. L'ennesima prodezza dello svedese spalanca praterie, regalate dall'Auxerre che attacca confusamente a capofitto. C'è spazio anche per Quercia che sostituisce Sammaritano. Allegri risponde con Boateng per Seedorf, più mattoni alla diga di centrocampo. E al 40' con Ronaldinho per Ibra, perché Zlatan fa segno di avere esaurito la benzina e di non averne più. Il Gaucho ricambia il gesto di Allegri segnando al 46' un gol da favola. La palla gliela dà l'amico Robinho. Due passi in area e da fermo un sinistro a giro che si infila nell'angolino. Poi è samba. Con l'Ajax sarà una festa.

Berlusconi sembra intenzionato a cedere Dinho

Ronaldinho e il Milan sono sempre più distanti. Oggi il Gaucho si accomoderà in panchina per la quinta volta consecutiva e il suo spazio sembra ormai veramente ridotto. Allegri non lo ritiene in grado di poter fare il trequartista a causa di una scarsa propensione difensiva e gli preferisce Robinho in attacco vista la maggiore mobilità del numero 70. A questo punto già a gennaio, quando il ritorno di Pato e il probabile arrivo di un altro acquisto in attacco (Matri) limiteranno ulteriormente i suoi spazi, il futuro di Ronaldinho potrebbe prendere una strada diversa da quella rossonera. La novità delle ultime ore e che anche il Presidente Berlusconi, nonostante la stima sempre manifestata verso il campione brasiliano, sembra si sia convinto a lasciar partire il giocatore.

lunedì 22 novembre 2010

Allegri: "Dinho? Si impegni"

Seduta inedita per il Milan alla vigilia della trasferta di Auxerre, dove i rossoneri si giocano una buona fetta di qualificazione agli ottavi di finale di Champions League. "Sappiamo dell'importanza della partita - avverte Allegri -, l'Auxerre sta attraversando un buon momento. Sta facendo bene in casa, sia dal punto di vista del gioco sia dal punto di vista dei risultati. Abbiamo due risultati su tre a disposizione e fino alla gara con l'Ajax la qualificazione sarà in bilico". Il tecnico ha preferito far svolgere la rifinitura a Milanello e rinviare la partenza per la Francia alle 16.30 dalla Malpensa. Al termine dell'allenamento, Allegri ha convocato 21 giocatori. Nella lista, oltre a Pato, Inzaghi e Oddo, non sono stati inseriti i nomi di Antonini e Pirlo, ancora alle prese con i loro malanni muscolari. Chiamati, invece, i giovani Strasser e Merkel. Ancora affaticamento, quindi, per Pirlo che Allegri aveva tenuto a riposo con la Fiorentina proprio per averlo a disposizione in Champions. Ma non sarà un problema: Andrea resta il perno assoluto del gioco rossonero, ma l'avanguardia muscolare che ha in Gattuso, Ambrosini e Flamini la formula più gettonata, sta garantendo punti e continuità. Soprattutto con Seedorf alle spalle di Ibra e Robinho.

Resta ora da capire se Ronaldinho continuerà a fare lo spettatore in panchina o se verrà utilizzato contro la formazione allenata da Jean Fernandez. Allegri sembra possibilista: "Si è allenato bene, si sta impegnando, sta facendo bene", aggiungendo però una frase che la dice lunga: "Ma lui deve impegnarsi per riconquistare il posto in squadra". Quindi sugli obiettivi di questo Milan, primo in classifica con sei punti sulla seconda: "Gli obiettivi? Sono tutti uguali, questo gruppo è in grado di lottare per tutte e tre le competizioni". E su Inzaghi: "Dispiace perché stava facendo bene, è stato molto utile e la sua mancanza si farà sentire". Il tecnico rossonero commenta poi il momento no ddi Bentitez: "Non sta attraversando un bel periodo, ma ha tutte le qualità per uscirne bene". "Domani vedremo un buon Milan - ha poi detto Allegri - è una partita importantissima, bisogna arrivare all'ultima partita con l'Ajax con il destino nelle nostre mani e questo significa che bisogna far risultato qui e sono sereno per quello che faranno i ragazzi in campo. Ronaldinho? Lo saprete domani, l'importante è che sia pronto, come sta facendo durante gli allenamenti. È un ragazzo positivo, che tiene molto al Milan e il suo apporto nel corso dell'anno sarà importante. Devo decidere uno tra lui e Robinho e ho dubbi sugli esterni bassi. In questo momento in campionato stiamo facendo bene e in Champions possiamo raddrizzare la situazione, oggi saremmo qualificati e per rimanere secondi servono punti. L'insidia? Affrontiamo una squadra che sta in un buon momento di forma, gioca con intensità e in casa è aggressiva. Flamini sostiene che dico le cose in faccia? Sono me stesso e credo che la verità sia sempre la cosa migliore da dire, ho rispetto dei giocatori e c'è rispetto tra loro e non è un caso che stiamo facendo bene". Allegri ha già in mente la formazione da schierare, ma con la necessità di raccogliere punti (in classifica il Real comanda con 10 punti davanti a Milan 5, Ajax 4 e Auxerre 3) la soluzione con l'olandese titolare dal primo minuto appare la più accreditata. E rassicurante.

sabato 20 novembre 2010

Milan-Fiorentina 1-0

Ibra il decisionista. Implacabile e indomabile. E’ ancora lui a firmare la vittoria con un gol atletico e spettacolare. Basta la sua prodezza: la Fiorentina è battuta, la leadership è ben salda, la Lazio ora ha 4 punti di ritardo, l'Inter 9. Pirlo non c’è; si sapeva. Ma all’ultimo momento salta anche Antonini per una elongazione. Tocca a Zambrotta. Per il resto ecco il solito Milan, con Ronaldinho di nuovo in panchina. Punizione per il tira tardi? No, perché adesso va meglio così. Sinisa Mihajlovic, costretto a raccogliere i cocci, non specula e fa sfilare il suo 4-2-3-1, con Ljajic tra Marchionni e Cerci alle spalle di Gilardino. Lo scatto del Milan è un segnale forte e rumoroso. Dopo 50 secondi Boruc deve volare per alzare oltre la traversa un destro violento di Bonera dalla distanza. Robinho si ripete da lì a poco con rasoterra che si perde a lato. Ma l’atteggiamento arrembante dei rossoneri non intimorisce i viola che mettono in pratica la lezione di Mihajlovic: guai a chiudersi, giocare alto e rispondere con la stessa moneta. Al 7’, infatti, su un punizione guadagnata per un mani di Flamini al limite, D’Agostino obbliga Abbiati alla grande deviazione. La risposta non è casuale: la Fiorentina gioca a viso aperto e costruisce una manovra organizzata. Con un Ibra un po’ assopito e Seedorf che fa a botte con i tacchetti, ci prova Robinho a disturbare l’ospite, ma la sua soluzione da posizione defilata al 10’, con palla che attraversa lo specchio della porta non è felice. Molto di più, invece, il colpo di testa di Kroldrup al 18’ che Abbiati deve togliere dalla rete con un volo spettacolare. Piove, si scivola, ma si gioca. Robinho va di tacco per Gattuso, ma Boruc si getta sul pallone; Ljajic arriva invece con due capelli di ritardo a due metri da Abbiati. Tutto in poco tempo, come la risposta al 30’ a pugni uniti di Boruc sul destrone di Seedorf. E’ comunque Robinho l’uomo tutto fare del Milan. Bella la finta al 31’ con tocco per Flamini che accompagna debolmente in porta. Dieci minuti dopo proprio il brasiliano va in gol su apertura illuminante di Seedorf, ma Damato è un falco e vede il fuorigioco. Al 45’ sale in cattedra il decisionista. Ibra si scioglie dal suo torpore e nell’area piccola sfrutta l’assist di Gattuso nel migliore dei modi: Comotto confuso, palleggio, rovesciata e gol. Spazio al deliro totale per il settimo gol dello svedesone che, abbracciato come una donna da Gattuso, per poco non ci rimette un gomito.La Viola inizia la ripresa con il diciottenne Camporese al posto di Natali. Il Milan con l’ennesima palla di Robinho, questa volta per Seedorf che tocca male e tira a lato. Gioca bene la squadra di Allegri. Confeziona azioni di prima, sfruttando gli spazi e le indecisioni della Fiorentina; bello l’inserimento dall’8’ di Flamini con palla a Seedorf, anticipato al momento del tiro. Al 12’ Nesta spreca un gol facile di testa, concludendo addosso a Boruc. Mihajlovic se la gioca e lancia Santana per Cerci. Al 20’ rossoneri reclamano per un fallo di mano in area di Donadel: il rigore ci può stare, ma Damato sorvola. Prova Thiago Silva a rimediare con un potente destro dalla distanza: palo sfiorato. Al 23’ anche Ibra che non chiude bene un diagonale. I viola provocano di nuovo ad alzare il baricentro. Così vengono fuori i muscoli di Gattuso, ma anche il sacrificio secondo Allegri. Tutti pronti a rientrare, Robinho compreso. Stufi di perdere, i ragazzi di Sinisa spingono, mentre i rossoneri optano per il possesso palla. Serve benzina. Ecco Vargas per Marchionni. Allegri invece si copre: dentro Boateng per Robinho. E proprio il ghanese, al 34’, per poco non fa gol, ma è bravo Boruc a distendersi e bloccare con una mano. Ma al 38’ è Abbiati a salvare sul tiro a colpo sicuro di Ljajic servito da Giardino: una prodezza inversamente proporzionale al buco difensivo del Milan. Il finale è viola shocking, anche se Allegri decide di togliere al 41’ Seedorf per Ronaldinho. Solo una manovra diversiva, prima dell’espulsione di Kroldrup per doppia ammonizione.

giovedì 18 novembre 2010

Dinho: "Io punta? Come vuole Allegri"

E adesso la Fiorentina per cercare continuità. Il Milan leader del campionato punta alla vittoria contro i viola, nell'anticipo di sabato, per mantenere il distacco e magari allungarlo. Ma con quale formazione? L'equilibrio, a discapito dello spettacolo, sta dando i suoi frutti, ma quando si comanda la classifica si può chiudere un occhio. Chissà cosa ne pensa Ronaldinho reduce dall'amichevole di Doha contro l'Argentina che ha sconfitto 1-0 il suo Brasile. Un ritorno poco fortunato nella Selecao, ma comunque importante; soprattutto perché il dialogo con la maglia verdeoro sembrava ormai chiuso, ancora di più perché il funambolo ha dimostrato di avere ancora moltissimi numeri. Una convocazione tra l'altro arrivata proprio nel momento in cui il Gaucho fa lo spettatore in panchina nel Milan. Lui, però, il sorriso non lo perde mai e con molta abilità riesce a nascondere anche i mugugni. "Ieri col Brasile è andata molto bene, peccato per la sconfitta all'ultimo minuto. Ma è andata bene. Sono felice, dopo tanto tempo sono tornato a giocare, è stato bello", ha dichiarato appena atterrato alla Malpensa, prima di raggiungere Milanello per la ripresa degli allenamenti. Parole che coincidono perfettamente con la sua prestazione, per certi versi impeccabile. Ma Allegri cederà alla tentazione dopo averlo visto positivamente all'opera contro la squadra di Batista? Lui attende con filosofia: "Giocare con la Fiorentina? Io mi voglio allenare bene per cercare di giocare, la decisione è del mister" afferma sorridendo. E sulla sua posizione in campo: "Giocare da punta? Sono pronto, per me non c'è problema, sono pronto a fare quello che vuole il mister". Infine il contratto che (Galliani dixit) verrà discusso in primavera: "Sono tranquillo, voglio fare bene per rimanere tanto tempo. Sono molto felice qui. Non mi mi manca niente". Ad Allegri ricordiamo solo un particolare: negli ultimi quattro anni in Milan-Fiorentina hanno segnato solo i brasiliani: Kakà, Pato e nel maggio scorso proprio Ronaldinho. Un precedente importante. Ma è ipotizzabile che alla fine il tecnico prosegua sulla sua fruttuosa strada, con una forte linea mediana a protezione della difesa e l'intramontabile Seedorf alle spalle di Ibra e Robinho.

mercoledì 17 novembre 2010

Galliani: "C'è voglia di scudetto"

Si sta bene lassù. In cima alla classifica, dopo aver vinto il derby, si pensa solo in grande. Così Adriano Galliani confessa: "La Champions per me conta ancora più del campionato, ma dopo sette anni c'è voglia di scudetto". Sette anni. L'ultimo successo in campionato dei rossoneri risale al 2004, con Carlo Ancelotti in panchina e Shevchenko che segnava gol a valanga. Troppo tempo per Galliani. Troppo tempo per tutti i milanisti, visto pure il dominio nerazzurro degli ultimi anni. In quella stagione Zlatan Ibrahimovic giocava ancora nell'Ajax. Ma si apprestava ad approdare in Italia, alla Juventus. Galliani pensa al suo campione e sorride: "La sera in cui abbiamo cenato assieme a Barcellona dopo aver firmato il suo contratto, io e Zlatan abbiamo sognato un derby vinto con un suo gol sotto la Curva Nord dell'Inter". Ed ecco il sogno che si realizza e il vicepresidente gusta ancora "il dolce sapore" del successo. Poi continua sul suo gioiello: "Ibra è forte fisicamente e mentalmente - afferma nel corso della presentazione del libroCon il Milan nel cuore di Carlo Pellegatti - dà coraggio ai compagni, è ultrafondamentale per il Milan e i preparatori atletici di Milanello non avevano mai visto test fisici come quelli di Zlatan". Quindi parla del Milan di Allegri: "È tosto, ma in tempi non sospetti avevo detto che nessuno aveva pensato di metter su un parco di divertimenti". A proposito del prossimo ingresso in società di Barbara Berlusconi, la figlia del patron del Milan Silvio, Galliani ha detto: "A Barbara voglio molto bene, l'ho vista nascere, come me il 30 luglio ma a 40 anni di distanza, e - ha spiegato - sono felice che entri nel Milan, è un bel segnale dalla famiglia Berlusconi. Speriamo che duri tanto tempo la passione di Silvio Berlusconi e della sua famiglia. Con Barbara parlo tutti i giorni, ora - ha continuato l'a.d. rossonero - lei deve capire bene la realtà del Milan che, in quanto società di calcio, non opera solo per la partita della domenica: il club ha quadri di finanza, marketing, vendita e altro. Farà un giro conoscitivo di tutta l'azienda e poi capirà di quale settore occuparsi. Si è laureata, i suoi bambini sono cresciuti e ora è pronta a un'esperienza di lavoro nel Milan".

lunedì 15 novembre 2010

E' una storia infinita che dura una vita!

Il gol partita di Zlatan Ibrahimovic è l’ultimo della serie dei gol degli ex messi a segno da giocatori che hanno vestito la maglia neroazzurra e poi sono passati a quella rossonera. Prima dello svedese erano andati in gol, nella stracittadina rossoneroazzurra. In tempi recenti, il primo a fare il grande salto da una parte all’altra del Naviglio fu Maurizio Ganz, sbolognato dall’Inter al Milan in un freddo mese di novembre del 1997, a castigare la sua ex squadra in uno storico derby vinto per 5-0 dai rossoneri nei quarti di finale della coppa Italia di quella stessa stagione. Servito involontariamente da Sartor, “el segna semper lu” punì l’errore della difesa interista mettendo alle spalle di Pagliuca il momentaneo 2 a 0 ed esultando sotto la Sud con tutta la rabbia che aveva in corpo. Dopo di lui toccò a Clarence Seedorf, in un altro derby passato agli annali per l’incredibile rimonta, regalare la vittoria ai ragazzi di Ancelotti nel 3-2 del 24 febbraio 2004, con un destro tremendo dai 30 metri che si insaccò all’incrocio dei pali alla sinistra di Toldo. Altro giro ed altro ex in gol: 11 marzo 2007, Ronaldo, arrivato a gennaio dal Real Madrid, fulmina dalla distanza Julio Cesar dando uno dei più grandi dispiaceri a Massimo Moratti. Stesso anno, stessa porta, ma siamo all’antivigilia di Natale: il Milan, appena rientrato da Yokohama con il titolo di campione del Mondo per Club, va in vantaggio grazie alla punizione telecomandata di Andrea Pirlo che risulterà ininfluente ai fini del risultato finale visto che Dida regalerà a Cambiasso, ed all’Inter, il gol vittoria nel derby. Infine, l’ultimo capitolo lo ha scritto Ibra, con il rigore di ieri sera. E’ una storia infinita che dura da una vita, quella del gol dell’ex.

domenica 14 novembre 2010

Inter-Milan 0-1

Una spallata per tenerli a distanza, una spallata ben data, con le gambe larghe per rimanere piantati a terra. E poi uno sguardo all’avversario che va a terra, che scivola a meno sei, nella crisi. Una spallata presa mentre sei in corsa, per raggiungere l’avversario. Lui rimane lì, fermo, tu scivoli, cadi a terra, magari rimedi anche un infortunio muscolare. Inter-Milan va così, la squadra di Allegri vince 1-0, respinge gli attacchi, resta in vetta, allontana i "campioni di tutto", con la forza di un collettivo più solido.

La spallata la dà Zlatan Ibrahimovic, l’ex, il più odiato. Batte il rigore, la palla non è ancora entrata e lui è già lì, a braccia larghe, sotto la curva dell’Inter. Ibra non è l’ex che non esulta. Ha una voglia matta di festeggiare: non ci era riuscito col Barça, lo fa un anno dopo. Non solo il gol, anche un quasi assist per Flamini (recupero miracoloso di Cordoba), un tiro al volo, un sombrero, una presenza costante. E pure un brutto intervento su Materazzi, che lo toglie dai giochi. Questa se la poteva risparmiare, ma Zlatan è così. A terra ci finisce l’Inter che ora, davvero, non può più nascondere i suoi mali. Crolla anche l’ultimo totem, quello dell’imbattibilità interna, che in campionato durava dal marzo 2008. "Non lo sta facendo bene", come direbbe Benitez. C’è più di un problema se non riesci a entrare nell’area avversaria (gli unici pericoli arrivano da punizioni di Sneijder e da tiri da fuori) e al tempo stesso concedi praterie agli avversari. Tutti sotto tono, con scampoli di reazione, di classe o di carattere, solo da Eto’o e Lucio. San Siro rumoreggia per gli errori di Chivu e Pandev, per le cadute di Coutinho: il credito del triplete è finito. Materazzi tornava titolare per una sfida diretta con Ibra: non passano cinque minuti che lo svedese è già a terra, ma è l’interista a subire un colpo quasi da k.o.. Contropiede rossonero, Matrix è molto avanzato, Ibra punta Lucio, il numero 23 rientra precipitosamente e lo colpisce da dietro: c’è contatto e c’è rigore. Ibrahimovic va tranquillo sul dischetto, spiazza Castellazzi, indirizza il match. La strada è segnata, nemmeno il rosso di Abate farà cambiare direzione al derby "da scudetto". L’assetto muscolare del Milan funziona: la squadra occupa bene il campo, pressa, raddoppia sui portatori di palla, e quando deve impostare, lo fa senza problemi, permettendosi ragnatele di passaggi anche prima dell’ingresso in campo di Pirlo. La difesa concede pochissimo, Gattuso e Abate rimediano cartellini, e hanno bisogno d’aiuto su Sneijder ed Eto’o. Ma l’aiuto arriva, Thiago Silva le prende tutte di testa, Nesta doma un Milito domabile, e poi un più impegnativo Eto’o. Robinho finché c’è si muove fra le linee, Seedorf suggerisce. Funziona tutto, anche il fortino finale: ecco una "la" candidata allo scudetto. In più, per l’Inter, continua la catena di infortuni: stavolta tocca a Obi e Milito, sono problemi muscolari, gli ennesimi. Tocca per primo a Obi, stavolta. Lui che non ha fatto il Mondiale e non ha affatto superato i trent’anni (ne ha 19): una falla nell’impianto difensivo, sull’argomento, dello staff di Benitez. Entra Coutinho, si torna al 4-2-3-1. Seguirà la ricaduta, con mano sulla coscia, di Milito, che all’intervallo lascia il posto a Pandev. Uscirà anche Materazzi: qui è uno scontro e una brutta caduta. Simbolo di quella dell’Inter.

giovedì 11 novembre 2010

Stagione finita per SuperPippo

Il vento è cambiato a Milano. Il Milan è in testa alla classifica. L'Inter è a meno tre. I rossoneri, dopo due anni passati a inseguire invano i cugini, che nel frattempo hanno vinto tutto, ritrovano la testa della classifica da soli e si avvicinano al derby di domenica sera con una poderosa iniezione di fiducia. Non solo perchè l'Inter è lontana anni luce dalla sua miglior condizione, penalizzata da una catena di infortuni inferiore solo a quella della Juve. Difficile far coesistere Pato, Ibrahimovic, Ronaldinho e Robinho, si diceva in estate. Chi rientra? Chi aiuta il centrocampo? Poi è arrivata la sconfitta di Cesena nella sera del debutto di Ibra, che ha evidenziato una squadra spesso spaccata in due. Da quel sabato sera sono passati più di due mesi. E Allegri, passo dopo passo, è arrivato alla soluzione vista ieri sera col Palermo. Altro che i quattro fenomeni insieme. Ronaldinho si è seduto mestamente in panchina insieme ai suoi dubbi. Vado in America o resto in una squadra dove sto bene ma che può fare a meno di me? Robinho, che si è sbloccato nel finale dopo i marchiani errori con il Bari, è entrato a 10' dalla fine. Davanti ha giocato il vero inamovibile, Zlatan Ibrahimovic, con Pato, fin quando il Papero si è fatto male. Alle loro spalle un Clarence Seedorf che a 34 anni non perde un colpo. Non solo. L'assenza di Pirlo (in dubbio anche per domenica) ha permesso al bravissimo tecnico livornese di schierare tre medianacci (nel senso più nobile del termine). Kevin Prince Boateng: fisico e corsa da disciplinare, ma su cui vale la pena insistere. Massimo Ambrosini: forza in interdizione e inserimenti letali in attacco (vedere il rigore del 2-1). Mathieu Flamini: all'Arsenal accanto a Fabregas sembrava un cavallo di razza. Ora sta ritrovando fiducia. E c'è pure un certo Rino Gattuso, squalificato col Palermo. Il nuovo assetto permette alla squadra di sbilanciarsi meno. Di subire meno il contropiede. Sarà riproposto anche nel derby? Molto dipende dal recupero di Pirlo. E se il geniale bresciano sta bene, chi sta fuori? Lui, Seedorf o un interditore? Sarà il tema di questi giorni. Ma ad Allegri non è sfuggito che in questo modo i suoi hanno concesso relativamente poco ad un Palermo che ha sempre prodotto parecchio sul piano delle occasioni. Ma non sono solo rose e fiori a Milanello. E le lamentele di Zamparini, furioso per l'arbitraggio di Banti, non c'entrano. Le cattive nuove vengono da Pato e Inzaghi, che salteranno il derby a causa degli infortuni rimediati nella sfida con il Palermo. Ma se per Pato, come ha spiegato il coordinatore sanitario rossonero Gianluca Melegati, non pare nulla di grave, purtroppo Superpippo può dichiarare chiusa la sua stagione. Inzaghi si è sottoposto agli accertamenti del caso in mattinata e l'esito è stato impietoso: rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro e del menisco esterno. Tempi di recupero: 6 mesi. Come dire arrivederci all'anno prossimo. Per Pato si tratta di "un sospetto allungamento muscolare alla parte posteriore della coscia sinistra. Non sembra una lesione grave ma dovremo valutare in maniera più approfondita. Pato dovrà stare 24 ore a riposo e venerdì si sottoporrà a una risonanza magnetica".

mercoledì 10 novembre 2010

Milan-Palermo 3-1

L’aveva definita la partita più importante dall’inizio della stagione. Ha chiesto ai suoi di sputare sudore e sangue: accontentato. Il Milan batte 3-1 il Palermo e balza al comando della classifica sorpassando la Lazio sconfitta a Cesena. Mai noiosa la gara, resa piacevole proprio dall’atteggiamento dei rosanero che se la giocano fino in fondo. E’ Pato ad aprire le danze; pareggia Bacinovic, allunga Ibra su rigore e chiude il conto Robinho, subentrato a Inzaghi che a sua volta aveva sostituito Pato. Per la sfida di San Siro Allegri fa i conti con il derby. Fa rifiatare Nesta per confermare Yepes che questa volta gioca al fianco di Thiago Silva. Pirlo è affaticato e va in tribuna. Con Gattuso squalificato, la linea dei centrocampisti è in mano a Flamini, Ambrosini e Boateng. Poi il fronte offensivo di Bari: Seedorf dietro a Pato e Ibra. Ronaldinho deve attendere in panchina. Non parte dal primo minuto nemmeno Miccoli. Pastore gioca al fianco di Ilicic, alle spalle di Pinilla. Delio Rossi schiera un 4-3-2-1 molto elastico, pronto a compattarsi in fase difensiva. Il Milan ha piedi buoni, i rosanero non sono da meno. Le due squadre giocano a fronte alta e a gran ritmo. Più spettacolari i rossoneri che fanno un sontuoso possesso palla e ripartono sulle ali di un centrocampo molto equilibrato. Il Palermo si adegua, rischiando però in fase di copertura. Al 5’ Pato scalda le polveri partendo da metà campo, ma si scontra al limite con Munoz. Bella l’idea di Seedorf al 7’, con un cross per il solitario Ibra che però controlla male. All’8’ primo segnale del Palermo; gran contropiede e tiro di Pinilla che viene deviato in angolo. Ma la prima vera occasione della gara è del Milan. All’11’ Flamini libera in area Ibra che in girata conclude di poco a lato alla destra di Sirigu. Al 12’ tocca invece a Boateng, con una sventola dalla distanza mancare di poco il bersaglio. Cassani lo imita quattro minuti più tardi; sinistro da fuori area che Abbiati manda in corner. Fronti aperti e rischi per tutti. Il Milan pressa e fa girare la palla, ma concede qualcosa al Palermo che cerca di sfruttare ogni spazio. Al 17’ la squadra di Rossi protesta per un contatto dubbio tra Thiago Silva e Pinella; Banti sorvola. E nella logica del calcio è subito il Milan ad approfittarne con ripartenze veloci. Al 19’ i rossoneri passano. Corner di Seedorf; Pato sovrasta Bacinovic e con un potente colpo di testa infila alla sinistra di Sirigu. Così è Pato. Micidiale e killer. Ma anche presuntuoso come al 22’, quando fa l’accademico e non passa la palla. Ma occorre ammettere che è un bel Milan con Flamini liberissimo lì accanto. Dispersivo forse nel rimirarsi allo specchio, ma anche pronto ad arrotolarsi le maniche e sacrificarsi nella fase difensiva. A conti fatti aspettarsi qualcosa di più dal Palermo è lecito, ma chi deve fare la differenza – Pastore – gioca a intermittenza. Proprio l’argentino svirgola troppo la palla dal limite dopo solo un minuto della ripresa, servito da Ilicic che non riesce a passare Thiago Silva. Al 3’ Abbiati vola per deviare oltre la traversa la punizione di Bovo. E’ il pressing ordinato da Rossi; coordinato dagli uomini di fascia, proprio perché il talento è assente. Il tecnico, infatti, al 7’ toglie Pastore per Miccoli, confidando nei numeri del salentino che al Milan ha dato parecchi dispiaceri. La mossa è evidente: tarpare le ali ai portatori di palla rossoneri e chiudere ogni spazio. Infatti Miccoli prende subito l'iniziativa su punizione, che viene deviata dal braccio di Boateng in barriera; sarebbe rigore, l'arbitro lascia correre. E' comunque l'anticamera del pareggio, al 18’, con un innocuo tiro da fuori area di Bacinovic che raccoglie una corta respinta di Yepes e beffa Abbiati. Dietrofront e Pato va a sbattere in piena area su Munoz; Banti dice che non è rigore, ma il brasiliano si fa male e deve lasciare il posto a Inzaghi. La reazione rossonera c’è ed è incredibile il palo colpito dal Seedorf al 24’ con un destro di controbalzo al limite dell’area piccola. Ma Rossi questa partita la vuole vincere. Così toglie anche Pinilla per fare spazio a Maccarone. Ma anche il Milan punta forte. Inzaghi, guarda un po’, carica la squadra e innesca il nuovo vantaggio. La palla va ad Ambrosini che viene steso da Sirigu. Rigore. Che Ibrahimovic infila alla destra del portiere della Nazionale. Ma nel frattempo si è fatto male anche Pippo e al 35’ tocca a Robinho. Carico e gonfio di rabbia, fa capire subito di essere in partita e al 38’ confeziona un gol da favola con la collaborazione di Ibra. Contropiede dello svedese che irrompe in area e tocca per il sudamericano: palla in rete e 3-1. Che potrebbero essere quattro se Robinho non sbagliasse il più facile degli assist per Ibra solo davanti a Sirigu.

lunedì 8 novembre 2010

Galliani: "Milan da scudetto"

"Noi favoriti? No, ma abbiamo fatto una squadra in grado di lottare per lo scudetto". Parole che suonano come musica, quelle pronunciate dall'amministratore delegato del Milan Adriano Galliani, dopo la giornata di campionato di ieri che ha risollevato le quotazioni scudetto del Milan. "Il fatto di giocare ogni tre giorni fa sì che i giudizi cambino spesso - ha aggiunto - ieri ci sono state tante occasioni da gol, sono contento". Galliani, intervenuto stamani a Milano in occasione del Premio Facchetti assegnato a Gianfranco Zola, ha sottolineato come gli infortuni siano un problema per le società: "Gli infortuni ci condizionano - ha detto - l'anno scorso al Milan ne abbiamo avuti tanti, il calcio è uno sport traumatico". L'Inter è in piena emergenza proprio a pochi giorni dal derby col Milan: "Mi spiace tanto - ha detto con aria sincera il dirigente rossonero - faccio tanti auguri a Samuel, che è uno dei centrali più forti del mondo, e anche a Maicon, che ha fortunatamente una lesione più lieve". Il Milan, intanto, sta mostrando sprazzi di bel gioco: "Non discuto le scelte dell'allenatore - ha detto Galliani - lui ha a disposizione un grande organico e decide in base a quello che vede durante gli allenamenti. In effetti ho notato che ieri in panchina c'erano quattro grandi campioni, una panchina milionaria". Il dirigente rossonero ha poi blindato Pippo Inzaghi: "Non c'è nessuna possibilità al mondo che vada via". Su Ronaldinho, invece, "è l'allenatore a decidere, l'ho detto anche a Yepes, che era un po' triste. Gli ho spiegato di stare tranquillo e che avrebbe avuto la sua occasione e così è stato. Giocare in una grande squadra dà vantaggi ma anche qualche svantaggio per la concorrenza interna".

domenica 7 novembre 2010

Bari-Milan 2-3

Un Bari incerottato mette in apprensione il Milan che nel finale mette a rischio una meritata vittoria. I rossoneri chiudono il primo tempo 2-0 grazie ai gol di Ambrosini e Flamini, ma devono fare i conti con gli errori di Robinho e il gol di Kutuzov nella ripresa. Pato, che sostituisce il connazionale, inventa uno spettacolare 3-1; Barreto risponde con una rete da favola che fissa il risultato. Allegri, che aspettava i gol dei centrocampisti, è accontenato, ma è innegabile che tra i soi prossimi compiti da risolvere ci sono i problemi di concentrazione della squadra che fatica a chiudere partite saldamente in mano. Allegri si permette di lasciare in panchina Pirlo, Ronaldinho, Pato e Inzaghi. Unica assenza vera quella di Thiago Silva che il tecnico sostituisce con Mario Yepes al suo esordio in rossonero. Un turnover che Ventura si sogna di notte, assediato com'è dagli infortuni. Senza Ghezzal, Raggi, Castillo e Salvatore Masiello ha poco da scialare. Al Milan oppone il 4-4-2 e tanto entusiasmo, con due regole fisse da non dimenticare: pressing e velocità. Consegna ad Almiron la bacchetta del gioco e aspetta un miracolo sa Barreto e Kutuzov. Ma i rossoneri, che a centrocampo si affidano ai muscoli di Gattuso, Ambrosini e Flamini, e davanti schierano Seedorf alle spalle di Robinho e Ibra, prendono subito in mano la partita, esibendo bel calcio. I segreti del giorno? Grande movimento e un pressing rabbioso che disorientano il Bari, partito con un atteggiamento fin troppo riverenziale. Bastano infatti quattro minuti al Milan per passare. Il gol è di Ambrosini. Rete d'autore, in tuffo di testa; l'assist, dalla sinistra, di Seedorf. Un po' troppo per i galletti, con quattro sconfitte consecutive alle spalle. Solo Parisi dà l'impressione di impensierie la difesa rossonera con veloci penetrazioni sulla fascia sinistra. Il Milan può permettersi così di fare possesso palla e organizzare i suoi contropiede, grazie anche all'apporto dei centrocampisti che godono spesso di libertà. Potrebbe anche dilagare, ma Robinho per due volte manca il raddoppio: la prima volta concludendo su Gillet, la seconda sull'esterno della rete. Al 28' Ventura perde anche Almiron per un problema fisico. Tocca a Gazzi, mentre Alvarez va a dare manforte a Barreto e Kutuzov. Ma è il Milan a trovare il raddoppio. Questa volta è Gattuso a far ripartire l'azione e servire Ibra che allarga a sinistra per Flamini. Il francese segue tutta l'azione e infila con un cucchiaio Gillet. Risultato ineccepibile, con un finale di primo tempo in cui il Bari reclama un rigore per un'entrata troppo decisa di Abbiati su Barreto. La ripresa inizia con il Milan che fa girare la palla e attende al varco per sfruttare gli spazi regalati dal Bari. Dal canto loro i pugliesi ci mettono il cuore, ma si scontrano con la difesa rossonera che allinea lo Yepes che non ti aspetti dopo oltre tre mesi di naftalina. All'11' Robinho ne combina un'altra, rovinando un capolavoro di Seedorf, scattato in contropiede. L'olandese lascia al brasiliano che solo davanti a Gillet ci prova con un pallonetto che supera la traversa. Allegri fa due calcoli e lo sostituisce con Pato. Poco prima del gol del Bari cercato con unghie e denti. Quasi fosse nell'aria, la rete di Kutuzov è da incorniciare. Prima supera Yepes, poi trova il varco tra Gattuso e Nesta e infila Abbiati. E' un altro Bari che trova nuove energie anche grazie alla spinta di Rivas che ha preso il posto di Pulzetti. Ma è anche una squadra che ha speso molto e che alla ricerca dell'impresa concede campo. Come al 27' quando Seedorf (ancora lui) lancia al limite per Pato. Il "Papero" si aggiusta la palla e in area sfodera un sinistro chirurghico su cui Gillet non può nulla. E' la rete che sgonfirerebbe chiunque. Ma il Bari, tradito ancora una volta dalla sfortuna - k.o. di Rivas che lascia a D'Alessandro - non molla. Forte del 3-1 Allegri fa invece rifiatare Seedorf, concedendo l'ultimo quarto d'ora a Pirlo. Ma è il Bari al 45' a trovare il gol con Barreto. Rete da favola: al volo di destro, alla sinistra di Abbiati. Ovvero, come complicarsi la vita, dopo avere sbagliato di tutto. Ma ciò che conta sono i tre punti: l'inter è scavalcata al secondo posto e la Lazio è più vicina.

mercoledì 3 novembre 2010

Milan-Real Madrid 2-2

Tutti ma non Inzaghi. José Mourinho lo aveva detto. Ibra, Pato, Dinho, Binho, ma non Pippo. Assaporava già la vittoria il tenebroso portoghese. Primo tempo antologico e gol di Higuain. La partenza della ripresa lascia presupporre altra succosa cronaca madridista. Invece al 59’ Allegri toglie Ronaldinho per Inzaghi e il trentasettenne centravanti rivolta la partita come un calzino, con una doppietta storica: 1-1 e 2-1. Gol numero 69 e 70 in Europa: re dei re. Più di Gerd Muller e Raul fermi a 69. Ma a rovinargli la festa è Pedro Leon che al 94’ trova il gol del pari. Il risultato più giusto. Aver deciso all’ultimo istante di impiegare Thiago Silva non è certo una notizia rassicurante. Ma l’intervento al 5’ nell’area piccola del brasiliano su Higuain lanciato a rete scaccia le paure. E’ comunque un Mìlan già sotto pressione, perché due minuti prima Abbiati aveva deviato in angolo un rasoterra da fuori area di Gonzalo. Al 9’, poi, Pepe schiaccia di testa ma fuori misura; nulla di fatto, ma indizi che la dicono lunga. E’ il Real che ti aspetti. Votato al pressing, veloce e molto compatto. Undici solisti molto affiatati che alzano subito la voce e aggrediscono. Cristiano Ronaldo parte a sinistra; lo marca con le unghie affilate Abate. Ed è dura. Ma il Real è anche altro. Se non è CR7 ci pensa Ozil, oppure lo splendido Di Maria. Ma anche Khedira e Xabi Alonso. E pensare che al 10’ Boateng ha la palla gol: piattone destro, ma centrale. Troppo poco per uno come Casillas. Un lampo nella notte. Il Real si ricompone. A mangiarsi il gol al 12’ è anche Di Maria che fa faville, penetra in area, supera abilmente Zambrotta, ma poi spreca a lato. E’ un Real straripante, a cui il Milan oppone una tenace resistenza dedicandosi esclusivamente alle ripartenze. C’è Ronaldinho dietro Pato e Ibra; Boateng e Gattuso lottano come leoni. Ma i ragazzi di Mourinho hanno una marcia in più. Corrono e danno spettacolo con il marchio del portoghese impresso sulla pelle. La cronaca parla chiaro. Al 20’ Pirlo si guadagna lo stipendio salvando due volte di testa sulla linea. Prima su Higuain, poi su Ozil. Ai rossoneri non resta che cogliere l’attimo, sfruttare il minimo errore. Accade al 23’ quando Boateng recupera una palla e allarga a sinistra per Ibra che iscrive una “x” sulle occasioni mancate tirando addosso a Casillas. La seconda al 37’. Servito magicamente in area da Ronaldinho, tenta il pallonetto con la porta vuota, ma il risultato è solo una palla vagante. Preoccupante. Un po’ come la parata di Abbiati al 39’ sulla bordata dalla distanza di Xabi Alonso. Non può durare molto. Al 45’, infatti, il Milan va sotto. Nesta fa la frittata. Palla filtrante (una delle tante) di Di Maria per Higuain che solo davanti ad Abbiati non può sbagliare. L’inizio della ripresa è un film già visto. Al 2’ CR7 fa bruciare le mani ad Abbiati con un destro elegante dal limite. Dominio costante. Da padroni di casa. Mica facile andare in superiorità numerica, tantomeno trovare varchi nella fitta rete del possesso palla madridista. Il Real, insomma, fa quello che vuole. Ci vorrebbe una scossa. Magari Inzaghi. Allegri lo fa entrare al 14’ al posto di Ronaldinho. Pippo è energia pura, semina adrenalina. Ma ha accanto fantasmi sperduti nella notte. Pato è inesistente. Ibra, invece, oppresso da una feroce marcatura, si spreme e lotta come un leone. E al 23’ sfruttando un varco sulla sinistra mette davanti a Casillas che Inzaghi, proprio lui, devia in rete. “Alta tensione” è un’iradiddio. Cambia volto alla partita e trascina tutta la squadra, fino a mettere dentro anche il 2-1, anche se con un fuorigioco di partenza. Ma al 94’ arriva la mazzata: il pareggio di Pedro Leon (entrato al posto di Pepe) che infila fra le gambe di Abbiati. Esulta Mou alla sua maniera. La sua mezza soddisfazione se l’è tolta, perché alla fine ottiene quello che vuole. Allegri mette in saccoccia una mezza impresa e tutto sommato può dormir sonni tranquilli: l’Ajax ha perso. Il secondo posto è salvo.

martedì 2 novembre 2010

San Siro si accende: Milan-Real!

José Mourinho ha battuto il Milan quattro volte. Tre alla guida dell'Inter, una sulla panchina del Real. Due le sconfitte: quando allenava il Porto, nella partita secca di Supercoppa europea del 2003 e il primo derby sulla panchina nerazzurra: gol di testa di Ronaldinho su assist di Kakà. Il brasiliano, fermo per affaticamento da un paio di settimane, potrebbe essere la novità di Allegri, ma solo la rifinitura schiarirà le idee al tecnico del Milan. Le alternative non mancano. Filippo Inzaghi, per esempio, aspetta solo di essere liberato dalle catene. Partite come quella di domani sera e il record di gol in Europa che Raul detiene (69 gol contro i 68 di Pippo) sono manna per l'highlander rossonero, anche se Allegri sostiene che sì "Inzaghi meriterebbe di giocare sempre", ma che "all'interno della squadra ci sono equilibri e una mia lettura di partenza". Nessun dubbio invece per Ibrahimovic: Allegri e il Milan restano avvinghiati a Zlatan. Lo svedese si presente sorridente alla tradizionale conferenza stampa della vigilia. "Sto bene - dice -; aiuto la squadra e la squadra aiuta me. Perché non abbiamo vinto con la Juve? Perché ho sbagliato due/tre gol che normalmente non fallisco. Siamo stati più forti di loro, - sostiene -, ma loro non hanno sbagliato le due occasioni che hanno avuto. Ora dobbiamo guardare avanti e pensare a domani sera. Io ho tanta fiducia; faremo molto bene, ma dobbiamo trovare il giusto equilibrio. A Madrid non è andata bene: domani avremo una possibilità per dimostrare che siamo forti". Contro i ragazzi di Mourinho sarà ancora lui il punto di riferimento. Lui non fa una piega e si carica addosso la responsabilià: "Sapere di avere tanta fiducia ti fa stare bene ed è giusto ricambiarla". Ibra disquisce poi della sua posizione in campo. Idee chiare che poi sono un assist a Inzaghi che lui ammira tanto. Basta leggere fra le righe. "Io posso fare gol dentro e fuori l'area, ma a Barcellona ero obbligato a stare dentro e ciò mi disturbava". Insomma, a Ibra piace uno schema d'attacco con un centravanti fisso (e Inzaghi ne ha tutti i connotati). E Pato? "I fischi di sabato erano in realtà per tutti; Pato è giovane e ha personalità: crescerà sempre di più". Ma ciò che conta adesso è il Real: "Domani dobbiamo fare il contrario di quello che che è accaduto a Madrid. Loro hanno dominato, noi siamo stati lenti e non siamo stati cattivi. Domani domostreremo a tutti che siamo forti come il Real, se non di più". Per la seconda volta Ibra incrocerà Mourinho. Racconta: "Grande rapporto. Con lui all'Inter è stato un anno fantastico. Da lui ho imparato molto, grande personalità. Ma quando l'arbitro fischierà l'inizio della partita non penserò a lui, ma solo al Milan. E non parlatemi di sfida con Cristiano Ronaldo: non sarà così; è solo una sfida tra Milan e Real". Massimiliano Allegri parte dalla sconfitta di sabato: "Con la Juve abbiamo fornito un'ottima prestazione; una delle migliori della stagione. Quella bianconera è stata la squadra che ha tirato meno in porta fra quelle che ci hanno affrontato. Adesso c'è il Real. A Madrid è stata una partita anomala per le nostre qualità, abbiamo preso due gol fortuiti e non si è giocato bene tecnicamente. Domani dovremo fare una partita di grande pressione ed equilibrio a cominciare dal centrocampo con soluzioni offensive che poi non ci mancano. Sono tranquillo perché la squadra crea. Dobbiamo imparare a essere più cattivi e chiudere le partite". Incombono ombre portoghesi. "Una marcatura speciale per Cristiano Ronaldo? Io rispetto tutto il Real; lui è il valore aggiunto, ma noi dobbiamo fare una gara di grande attenzione senza avere timori reverenziali anche perché siamo il Milan". Allegri lo sottolinea e si congeda con un concetto che i rossoneri devono imparare a memoria: "Non dobbiamo fare la guerra, dobbiamo giocare da squadra: blocco unito e sacrificio nella manovra difensiva per poi sviluppare quella offensiva. Non saremo mai una formazione che si schierera davanti alla propria area: non è la nostra caratteristica".

lunedì 1 novembre 2010

Dinho: "Ibra è troppo solo"

La notte gli gira attorno e al figlio delle stelle piace scivolare fra le ombre. Gli piace meno, decisamente meno, il sabato sera di Milan-Juve, l’1-2 contro i bianconeri brucia (parecchio). Ronaldinho è un tipo che non ha mezze misure: "Non si può giocare così" confida, mentre se ne sta seduto a capotavola in un locale ai confini del centro di Milano. Ci sono gli amici più stretti accanto a lui, non c’è il cognato Sergio, la sua ombra fissa, non c’è un codazzo di giornalisti al seguito, c’è solo qualche tifoso incuriosito che timidamente gli chiede di abbracciarlo. Meglio la riservatezza per cancellare una notte che gli gira attorno e stavolta fa un po’ più male delle altre. Si nasconde dentro un baschetto di lana nero (per evitare critiche su pettinature scompigliate non gradite a Berlusconi) per andare via veloce dalla tribuna di San Siro e rinchiudersi nel locale milanese a lui più affezionato. Eccolo, intorno alle 23.30. Qualche sorriso, le solite strette di mano ma nessuna voglia di far festa. Si siede al "suo" tavolo, dove la fiammella di una piccola candela tiene aperto uno spiraglio di luce nella penombra. Sono in cinque, Dinho e i/le suoi/sue amici/amiche. Lui beve del the egiziano, in un bicchiere di vetro, gli altri champagne e qualche cocktail. Dinho si scioglie un po’ quando "I gotta feeling" dei Black Eyed Peas rimbalza dappertutto, ma è solo un istinto, un lampo per uno come lui che di musica vive. La mente, però, stanotte ritorna di continuo al Milan, sul quale si lascia scappare un "Ibra non può giocare da solo in mezzo a quattro avversari...". Lo sfogo di Dinho si riassume qui, lui che avrebbe fatto di tutto pur di esserci invece di star lì, in tribuna, a guardare impassibile la sconfitta insieme a Thiago Silva&famiglia. Proprio per questo ha deciso di tenersi lontano da tutto e tutti. Anche se non ci riesce fino in fondo. Perché il Milan lo segue perfino qui e verso l’una di notte ha addirittura la faccia di un altro milanista invisibile, quella di Oguchi Onyewu, che si presenta con un paio di amici. Un saluto affettuoso con l’americano, qualche occhiolino d’intesa, ma Dinho preferisce continuare a starsene per i fatti suoi, nell’intimità di una penombra che non vorrebbe lasciare più. Nemmeno dopo l’arrivo, alle 2, dei rossoneri, Oduamadi e Strasser. Intanto, domenica sera, è partito dal Brasile Roberto De Assis, il fratello-agente di Ronaldinho. Oggi sarà a Milano: "Dinho arrabbiato? Certo che si sta meglio quando si vince...". Ma la sua missione è un’altra, non consolare il fratello. Deve buttare le basi per il contratto in scadenza, deve capire quale sarà il futuro migliore per Ronaldinho: la tentazione Galaxy è lì, a portata di mano, ma prima bisogna parlare col Milan: "Con Galliani ci vedremo di sicuro. Non c’è un incontro in programma, sarà una chiacchierata informale come al solito, siamo amici" spiega. E’ presto, si dice, per sapere cosa deciderà Dinho. Per ora ha altro per la testa. Passano da un pezzo le 3 (ora legale), quando sabato la notte smette di girare attorno al figlio delle stelle. Stavolta si gira lui e qualche tifoso milanista trema. Sul retro della sua maglietta c’è scritto "Los Angeles". Un indizio ma anche un’ombra.