domenica 14 novembre 2010

Inter-Milan 0-1

Una spallata per tenerli a distanza, una spallata ben data, con le gambe larghe per rimanere piantati a terra. E poi uno sguardo all’avversario che va a terra, che scivola a meno sei, nella crisi. Una spallata presa mentre sei in corsa, per raggiungere l’avversario. Lui rimane lì, fermo, tu scivoli, cadi a terra, magari rimedi anche un infortunio muscolare. Inter-Milan va così, la squadra di Allegri vince 1-0, respinge gli attacchi, resta in vetta, allontana i "campioni di tutto", con la forza di un collettivo più solido.

La spallata la dà Zlatan Ibrahimovic, l’ex, il più odiato. Batte il rigore, la palla non è ancora entrata e lui è già lì, a braccia larghe, sotto la curva dell’Inter. Ibra non è l’ex che non esulta. Ha una voglia matta di festeggiare: non ci era riuscito col Barça, lo fa un anno dopo. Non solo il gol, anche un quasi assist per Flamini (recupero miracoloso di Cordoba), un tiro al volo, un sombrero, una presenza costante. E pure un brutto intervento su Materazzi, che lo toglie dai giochi. Questa se la poteva risparmiare, ma Zlatan è così. A terra ci finisce l’Inter che ora, davvero, non può più nascondere i suoi mali. Crolla anche l’ultimo totem, quello dell’imbattibilità interna, che in campionato durava dal marzo 2008. "Non lo sta facendo bene", come direbbe Benitez. C’è più di un problema se non riesci a entrare nell’area avversaria (gli unici pericoli arrivano da punizioni di Sneijder e da tiri da fuori) e al tempo stesso concedi praterie agli avversari. Tutti sotto tono, con scampoli di reazione, di classe o di carattere, solo da Eto’o e Lucio. San Siro rumoreggia per gli errori di Chivu e Pandev, per le cadute di Coutinho: il credito del triplete è finito. Materazzi tornava titolare per una sfida diretta con Ibra: non passano cinque minuti che lo svedese è già a terra, ma è l’interista a subire un colpo quasi da k.o.. Contropiede rossonero, Matrix è molto avanzato, Ibra punta Lucio, il numero 23 rientra precipitosamente e lo colpisce da dietro: c’è contatto e c’è rigore. Ibrahimovic va tranquillo sul dischetto, spiazza Castellazzi, indirizza il match. La strada è segnata, nemmeno il rosso di Abate farà cambiare direzione al derby "da scudetto". L’assetto muscolare del Milan funziona: la squadra occupa bene il campo, pressa, raddoppia sui portatori di palla, e quando deve impostare, lo fa senza problemi, permettendosi ragnatele di passaggi anche prima dell’ingresso in campo di Pirlo. La difesa concede pochissimo, Gattuso e Abate rimediano cartellini, e hanno bisogno d’aiuto su Sneijder ed Eto’o. Ma l’aiuto arriva, Thiago Silva le prende tutte di testa, Nesta doma un Milito domabile, e poi un più impegnativo Eto’o. Robinho finché c’è si muove fra le linee, Seedorf suggerisce. Funziona tutto, anche il fortino finale: ecco una "la" candidata allo scudetto. In più, per l’Inter, continua la catena di infortuni: stavolta tocca a Obi e Milito, sono problemi muscolari, gli ennesimi. Tocca per primo a Obi, stavolta. Lui che non ha fatto il Mondiale e non ha affatto superato i trent’anni (ne ha 19): una falla nell’impianto difensivo, sull’argomento, dello staff di Benitez. Entra Coutinho, si torna al 4-2-3-1. Seguirà la ricaduta, con mano sulla coscia, di Milito, che all’intervallo lascia il posto a Pandev. Uscirà anche Materazzi: qui è uno scontro e una brutta caduta. Simbolo di quella dell’Inter.

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