lunedì 1 novembre 2010

Dinho: "Ibra è troppo solo"

La notte gli gira attorno e al figlio delle stelle piace scivolare fra le ombre. Gli piace meno, decisamente meno, il sabato sera di Milan-Juve, l’1-2 contro i bianconeri brucia (parecchio). Ronaldinho è un tipo che non ha mezze misure: "Non si può giocare così" confida, mentre se ne sta seduto a capotavola in un locale ai confini del centro di Milano. Ci sono gli amici più stretti accanto a lui, non c’è il cognato Sergio, la sua ombra fissa, non c’è un codazzo di giornalisti al seguito, c’è solo qualche tifoso incuriosito che timidamente gli chiede di abbracciarlo. Meglio la riservatezza per cancellare una notte che gli gira attorno e stavolta fa un po’ più male delle altre. Si nasconde dentro un baschetto di lana nero (per evitare critiche su pettinature scompigliate non gradite a Berlusconi) per andare via veloce dalla tribuna di San Siro e rinchiudersi nel locale milanese a lui più affezionato. Eccolo, intorno alle 23.30. Qualche sorriso, le solite strette di mano ma nessuna voglia di far festa. Si siede al "suo" tavolo, dove la fiammella di una piccola candela tiene aperto uno spiraglio di luce nella penombra. Sono in cinque, Dinho e i/le suoi/sue amici/amiche. Lui beve del the egiziano, in un bicchiere di vetro, gli altri champagne e qualche cocktail. Dinho si scioglie un po’ quando "I gotta feeling" dei Black Eyed Peas rimbalza dappertutto, ma è solo un istinto, un lampo per uno come lui che di musica vive. La mente, però, stanotte ritorna di continuo al Milan, sul quale si lascia scappare un "Ibra non può giocare da solo in mezzo a quattro avversari...". Lo sfogo di Dinho si riassume qui, lui che avrebbe fatto di tutto pur di esserci invece di star lì, in tribuna, a guardare impassibile la sconfitta insieme a Thiago Silva&famiglia. Proprio per questo ha deciso di tenersi lontano da tutto e tutti. Anche se non ci riesce fino in fondo. Perché il Milan lo segue perfino qui e verso l’una di notte ha addirittura la faccia di un altro milanista invisibile, quella di Oguchi Onyewu, che si presenta con un paio di amici. Un saluto affettuoso con l’americano, qualche occhiolino d’intesa, ma Dinho preferisce continuare a starsene per i fatti suoi, nell’intimità di una penombra che non vorrebbe lasciare più. Nemmeno dopo l’arrivo, alle 2, dei rossoneri, Oduamadi e Strasser. Intanto, domenica sera, è partito dal Brasile Roberto De Assis, il fratello-agente di Ronaldinho. Oggi sarà a Milano: "Dinho arrabbiato? Certo che si sta meglio quando si vince...". Ma la sua missione è un’altra, non consolare il fratello. Deve buttare le basi per il contratto in scadenza, deve capire quale sarà il futuro migliore per Ronaldinho: la tentazione Galaxy è lì, a portata di mano, ma prima bisogna parlare col Milan: "Con Galliani ci vedremo di sicuro. Non c’è un incontro in programma, sarà una chiacchierata informale come al solito, siamo amici" spiega. E’ presto, si dice, per sapere cosa deciderà Dinho. Per ora ha altro per la testa. Passano da un pezzo le 3 (ora legale), quando sabato la notte smette di girare attorno al figlio delle stelle. Stavolta si gira lui e qualche tifoso milanista trema. Sul retro della sua maglietta c’è scritto "Los Angeles". Un indizio ma anche un’ombra.

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